Forlì, 19 maggio 2020 – “La situazione che stiamo vivendo ha come caratteristica specifica il carattere inatteso ed imprevisto poiché nessuno di noi era preparato o avrebbe mai immaginato di dover affrontare una pandemia – spiega la dottoressa Rachele Nanni, Responsabile Programma di Psicologia dell’AUSL della Romagna – Ogni pericolo inatteso determina la necessità di attivare risposte nuove accompagnate normalmente da emozioni di ansia, incertezza o paura. Il Covid-19 sta avendo un forte impatto sulla salute fisica, ma anche sulla salute mentale e sul benessere psicologico di tutta la popolazione. Un evento come quello che stiamo vivendo ha un impatto che coinvolge diversi aspetti della vita personale, famigliare, sociale, lavorativa, organizzativa. La pandemia ha implicato, infatti, timori per lo stato di salute proprio e dei propri cari, paura di venire contagiati, di morire, di perdere i propri cari. Siamo stati isolati fisicamente e lontano dai nostri cari e dai nostri pari. La perdita di persone care, sempre molto dolorosa, lo diventa ancora di più quando non la si può onorare con la vicinanza, con l’assistenza dei familiari e con i riti previsti dalla propria cultura”.
“La limitazione estrema delle relazioni educative e amicali dei bambini e dei ragazzi – prosegue la dottoressa Nanni – è un’altra sfida e fonte di preoccupazione quotidiana. È stata necessaria una riorganizzazione dei ritmi di vita e di lavoro (sospensione scolastica, smart working), con tante difficoltà e frustrazioni quotidiane. Molte persone stanno affrontando problemi economici, hanno perso o sono a rischio di perdere il lavoro e i loro redditi. Inoltre, le continue informazioni, alcune delle quali incoerenti, contribuiscono ad aumentare l’incertezza verso il futuro e rappresentano un’ulteriore fonte di stress. Ci sono inoltre, gruppi di popolazione particolarmente colpiti dalla pandemia direttamente o indirettamente per i suoi effetti nel quotidiano, come ad esempio gli operatori sanitari in prima linea, i bambini e gli adolescenti, le persone con disabilità, gli anziani che vivono nelle residenze, gli anziani con deterioramento cognitivo, le persone che già vivevano in situazioni limite come molti migranti. I timori e i sentimenti prevalenti che hanno investito le persone in questo periodo sono sicuramente il senso di oppressione e nervosismo”.
“Eppure, se nella prima fase a prevalere è stato il timore per la propria e altrui incolumità, il dolore per la forzata interruzione di contatti interpersonali significativi, l’impossibilità di assistere e prendersi cura dei propri cari, ora i vissuti si fanno più complessi poiché a questi aspetti, che pure permangono per molti, si affiancano lo stress e il senso di incertezza e precarietà legati all’impatto economico-lavorativo e al rischio di una possibile seconda ondata. Sappiamo bene che la maggioranza delle persone è in grado di affrontare eventi molto difficili o addirittura traumatici mettendo in campo ampie capacità di adattamento, ricorrendo alle proprie strategie per affrontare efficacemente lo stress. Tuttavia, sappiamo anche che un evento di tale portata collettiva avrà un impatto di lungo termine, sul benessere psicosociale e lascerà uno strascico di sofferenza di lunga durata”.
“Quali fattori possono condizionare la risposta delle persone nel tempo? – conclude – Sicuramente la compresenza di più fattori di rischio individuali, famigliari o collettivi pregressi. Non è uguale ad esempio affrontare l’isolamento interpersonale vivendo in un comodo appartamento con giardino o in un bilocale, trascorrendo il tempo con persone che amiamo anziché all’interno di un nucleo conflittuale o in completa solitudine, godere di buone condizioni di salute o trovarsi in stato di malattia o disabilità pre-esistente”.