L’epidemia ha cambiato la gestione di alcuni servizi. Prof. Lenzi: “Puntiamo su campagne vaccinali e teleconsulti”

Prof. Andrea Lenzi

Roma, 16 maggio 2020 – Campagne vaccinali per immunizzare le persone più fragili e una medicina che sia di comunità. È la ricetta perché in futuro l’Italia sia pronta davanti a eventuali altre epidemie. A parlarne con la Dire è stato Andrea Lenzi, direttore Medicina sperimentale dell’Università La Sapienza di Roma, presidente del Comitato nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei ministri e presidente dell’Health City Institute.

“Io vivo all’interno del policlinico Umberto I di Roma e sono endocrinologo – ha raccontato – ma in questo periodo di emergenza mi sono dovuto ‘riciclare’ e tornare alla mia ‘infanzia’ professionale, quando ero al Pronto Soccorso. I miei specializzandi e collaboratori si sono messi a disposizione anche loro per fronteggiare l’emergenza. Anche se non siamo infettivologi, quasi i due terzi degli endocrinologi sono stati impiegati sul campo in tutta Italia. Abbiamo anche trasformato il modo di fare i controlli, optando per il teleconsulto e arrivando a 3mila teleconsulti e 400 controlli in presenza perché indifferibili e urgenti. Adesso bisogna dare delle regole rispetto agli accessi in ospedale, che devono essere contingentati con addetti alla sicurezza e un ingresso unico per il personale e per i pazienti, e un altro per le auto e per il materiale da trasporto. Insomma dovremo organizzarci, ma questa lezione ci ha dato la misura di come alcuni servizi possono essere decentrati e gestiti a distanza”.

In vista della prossima stagione invernale, poi, l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale – almeno per certe categorie – aiuterebbe. “Si dovrebbero immunizzare i ‘gruppi’ fragili, come le persone da una certa età in poi, o affette da malattie genetiche – ha detto Lenzi – Penso però anche ai bambini. E magari anche chi lavora in situazione di comunità. Lo svantaggio per il vaccino influenzale, oltretutto, è pari a zero. Anche l’antipolmonite per gli anziani è da privilegiare. Se poi lo Stato rende queste vaccinazioni obbligatorie, noi non possiamo che essere contenti”.

Ma bisogna prepararsi a convivere in futuro con le emergenze sanitarie? “Noi fino a 4 o 5 mesi fa eravamo concentrati sulla medicina personalizzata e di precisione da un lato, e sulle malattie non trasmissibili – ha risposto Lenzi – Oggi siamo tornati con questo virus a concentrarci sulle patologie trasmissibili. Premesso che le grandi pandemie capitano ogni 100 anni, come nel caso della spagnola – perché la Sars e l’H1N1 non si sono diffuse molto per fortuna – io credo che non possiamo più dimenticarci che la sanità, la salute e la ricerca scientifica sono asset fondamentali. Se manca la salute, come questa lezione ci ha insegnato, il down è totale anche sul piano economico, e può arrivare in pochi mesi. È evidente che in futuro bisognerà essere preparati, anche se ovviamente credo che non capiterà a breve un’altra epidemia di questo genere”.

“Come Comitato – ha proseguito Lenzi – pensiamo di promuovere campagne vaccinali a tappeto e crediamo che la medicina non debba essere solo della persona ma dell’intera comunità”.

I sindaci hanno la responsabilità della salute dei cittadini. Ma per aiutarli in un compito così difficile, soprattutto in tempi di pandemia, si pensa a un city manager. Ci sta lavorando l’Health City Institute guidato da Andrea Lenzi, direttore Medicina sperimentale dell’università Sapienza di Roma e presidente del Comitato nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei ministri.

“Come medico faccio delle analisi – ha spiegato Lenzi – abbiamo vissuto qualcosa di inatteso, e forse all’inizio non avevamo capito la portata dell’emergenza. Questo virus, al contrario delle altre pandemie che si sono verificate nella storia, ha viaggiato in prima classe per migliaia di chilometri per arrivare in tutte le parti del mondo, fino ai piccoli comuni, portando devastazione in particolare proprio nelle città più piccole o addirittura nei quartieri. Pensiamo anche a ciò che è accaduto nelle RSA per anziani. Ecco, un sindaco di una piccola cittadina può rendersi conto di fenomeni atipici perché è più a contatto con la cittadinanza rispetto a un governatore di Regione o al Governo centrale. Non a caso il premier Giuseppe Conte ha stabilito una cabina di regia con i sindaci, una idea vincente”.

Ma i primi cittadini da soli non possono farcela: “Nel caso dei grandi comuni, vere e proprie megalopoli, sopra i 300mila o 500mila abitanti – ha detto Lenzi – il sindaco è staccato inevitabilmente dal contesto sociale e gli assessori, a loro volta, per eccesso di lavoro si incontrano solo all’interno del Consiglio comunale. Allora come Health City Institute siamo entrati in campo e insieme alla Sapienza – esperta nella didattica di formazione – e all’Anci abbiamo messo a punto un programma formativo per quello che noi definiamo il city manager. Questa figura è una persona che entra nello staff del sindaco, meglio se giovane o giovanissimo, che deve essere capace di fare da tessuto connettivo tra assessorati e istanze relative alla situazione sanitaria, le politiche sociali, la mobilità e i rifiuti. Il city manager potrebbe contribuire suggerendo le politiche da mettere in campo”.

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