Roma, 12 maggio 2020 – I contagi e le morti sono drasticamente ridotti e la convivenza con il virus è ormai data per scontata. Gli specialisti ripartono con gli ambulatori e le attività, ma supportate dalla teleassistenza per evitare al massimo, laddove possibile, gli spostamenti. Cosa fare per scongiurare i danni all’apparato muscoloschetrico che è stato inattivo in tutti i mesi del lockdown? A dare le risposte all’agenzia Dire è Vincenzo Sessa, direttore dell’UOC di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale Fatebenefratelli-Isola Tiberina di Roma.
Come cambia la visita dall’ortopedico ai tempi del Covid-19?
“Siamo stati obbligati a questo cambiamento. Il paziente deve indossare la mascherina e venire in ospedale possibilmente non accompagnato. Inoltre sottoponiamo il soggetto alla compilazione di una scheda per accertarsi che non abbia sintomatologia da Covid-19. Ma oltre a questo stiamo attivando dei percorsi di telemedicina, che non sostituisce la visita diretta del paziente ma può integrare la visita o comunque ridurre la necessità di recarsi più volte in ospedale. Proprio per questo ci stiamo organizzando per fare una prima visita telefonica, meglio se video, per accertarci delle condizioni del paziente e magari prescrivere degli accertamenti prima della visita in modo tale che arrivato una volta arrivati in ospedale il medico abbia gli elementi per fare direttamente una diagnosi”.
La telemedicina sarà un modo routinario anche nel prossimo futuro di visitare per evitare assembramenti e liste d’attesa?
“Certamente allo stato attuale sì. L’ospedale è ancora molto demonizzato e visto con timore da parte del paziente ma tutto questo deve cambiare. Dobbiamo riprendere il trattamento dei nostri pazienti per soddisfare i loro bisogni di cura. Tutto ciò si scontra con le disponibilità attuali di tempi ed i spazi quindi la visita che prima durava 20 minuti oggi si diluisce anche in 40 minuti. Quindi per fare lo stesso numero di visite ci vuole un potenziamento del numero dei medici o turni o piuttosto perseguire la strada più praticabile dei teleconsulti”.
Molte persone sono ferme a casa da mesi. Quali possono essere i rischi per l’apparato muscolescheletrico dei giovani ma soprattutto degli anziani quelli che non si sono spostati mai da casa?
“Noi a tutti i nostri pazienti abbiamo raccomandato di mantenere un certo livello di attività fisica. Anche se per molti di loro era impossibile uscire abbiamo consigliato almeno di muoversi in casa. Non camminare purtroppo è una delle cause principali di osteoporosi e al conseguente maggior rischio di fratture. La prevenzione dell’osteoporosi non essendo purtroppo affidata alla deambulazione deve essere affidata ad altre forme. Per cui fare ginnastica a casa o prendere un po’ di sole per la formazione della vitamina D che è essenziale. Basta anche esporsi al balcone o finestra di casa per 20 minuti al giorno possibilmente a braccia nude. Tutte queste sono strategie importanti da mettere in campo. E poi la dieta è altrettanto importante e deve essere ricca di calcio e vitamina D. L’insieme di queste strategie preserva le articolazioni”.
In questo momento in cui le attività sono ridotte che possono fare i pazienti post evento acuto, post-intervento in mancanza ancora della ripresa delle sessioni di riabilitazione?
“La riabilitazione non può mancare. È cambiata però la somministrazione nel senso che sono tutti aspetti che si stavano mettendo in atto prima del Covid ma che con questa pandemia sono stati accelerati. La teleriabilitazione consiste nel fatto che il paziente operato, perché chiaramente in questo periodo i pazienti fratturati non sono mancati oppure tutti quelli operati subito prima della pandemia, è stato supportato dall’aiuto di un fisioterapista attraverso il teleconsulto. Questo consente di illustrare gli esercizi da eseguire e controllare la modalità dell’esecuzione. È importante che il paziente non si senta abbandonato. La possibilità di fare video e seguirli anche con tablet aiuta molto il soggetto. Se questo iter procede bene si può evitare anche la prestazione del fisioterapista a domicilio o recarsi in Istituto. Direi che i risultati sono stati ottimi. Queste nuove modalità devono essere approfondite e soprattutto diffuse all’interno delle strutture pubbliche per essere assimilate e sfruttate al massimo. Anche perché il Covid non finisce adesso, ci sarà ancora una fase molto lunga e ogni giorno ci sarà sempre una richiesta di medicina ortopedica e riabilitazione. Ecco che l’assistenza telematica e domiciliare possono evitare spostamenti e assembramenti all’interno dell’ospedale”.