Le macro-criticità emerse nel confronto interprofessionale AIIC-SIAARTI-SIFO-FARE-CONFINDUSTRIA in un Digital Meeting
Roma, 16 aprile 2020 – Impoverimento globale del SSN, mancanza di “filiere decisionali corte e organizzate”, incapacità di gestire l’emergenza sul territorio, insufficiente raccordo ‘centro-periferia’, assenza di produzioni nazionali strategiche, bandi centralizzati che hanno bloccato altre possibili soluzioni di approvvigionamento di apparecchiature e dispositivi: queste le macro-criticità emerse nel più importante dialogo interprofessionale realizzato in periodo di pandemia Covid-19.
I temi sono emersi trasversalmente all’interno del Digital Meeting “L’emergenza Covid-19 sotto la lente degli operatori sanitari: confronto tra anestesisti, rianimatori, ingegneri clinici, farmacisti ospedalieri e provveditori”.
Si è trattato di un meeting promosso da AIIC nelle figure di Lorenzo Leogrande (presidente dell’Associazione) e Umberto Nocco (vicepresidente) che ha coinvolto Flavia Petrini (presidente SIAARTI), Simona Serao Creazzola (presidente SIFO), Salvatore Turrisi (presidente FARE), con la partecipazione di Fernanda Gellona (direttore generale Confindustria dispositivi medici). Al centro del dialogo – a cui hanno preso parte oltre 250 presenti digitali – le criticità, le best practice e le “lezioni da imparare” dall’emergenza coronavirus per costruire un futuro del SSN più stabile ed equilibrato.
“Abbiamo voluto proporre questo momento di confronto – ha detto nella sua introduzione Lorenzo Leogrande – perché le professioni qui rappresentate sono quelle che maggiormente sono state coinvolte, pur se in ambiti diversi, nell’attuale emergenza, dando prova di una fortissima collaborazione multidisciplinare. Professioni che hanno fatto il possibile per rispondere ad un insieme di bisogni di salute mai visto in precedenza”.
Bisogni che si sono abbattuti sul SSN ponendo richieste che hanno costretto tutti a fare i conti con problematiche impreviste e incombenti.
Criticità, coordinamento, gare centralizzate
La maggior criticità vissuta dagli anestesisti, come sottolineato da Flavia Petrini (SIAARTI), “è stata sicuramente l’urgenza di provvedere all’allestimento veloce di un numero sempre maggiore di aree di terapia intensiva, assicurando le risorse umane adeguate per gestirle al meglio. L’incremento enorme dei posti letto e la presenza di personale competente – sia anestesisti che infermieri – ha dovuto fare i conti con le difficoltà a reperire dispositivi e farmaci, soprattutto sedativi e miorilassanti. Nonostante queste problematiche abbiamo registrato però un
indice di sopravvivenza nelle terapie intensive del 65%, dato direi eccezionale: significa che abbiamo fatto l’impossibile, raggranellando ovunque ogni farmaco e ogni dispositivo disponibile”.
“Abbiamo tutti cercato di dare il massimo, ma ci siamo mossi in un contesto frammentato – ha proseguito Leogrande (AIIC) – C’è stata cioè una grande collaborazione tra i diversi professionisti, e nei vari centri di governo regionale e territoriale la nostra presenza è stata quotidiana, mettendo velocemente a punto le criticità e le esigenze. Dal punto di vista della regia centrale invece la nostra figura è stata poco coinvolta: abbiamo percepito una mancata sensibilità su tematiche per noi molto delicate: dalla banale esplicitazione dei requisiti delle diverse apparecchiature a problemi più tangibili come la necessità o la possibilità di utilizzare in emergenza apparecchiature che non avevano la marchiatura CE: tanti colleghi si sono trovati soli nei confronti della mancanza di un quadro chiaro di deroga che ci consentisse di mettere in funzione queste apparecchiature. Un aspetto per noi particolarmente critico che voglio sottolineare riguarda poi un atteggiamento rigido da noi avuto su tematiche regolatorie che ogni tanto sono state confuse con eccesso di burocrazia. Ci sono passi e procedure apparentemente rigidi che hanno un unico obiettivo: salvaguardare la sicurezza dei pazienti e degli operatori”.
Il territorio e le professioni
Le criticità maggiori registrate da SIFO e condivise nel webinar sono l’abbandono del territorio e il progressivo impoverimento del SSN. “In quest’emergenza abbiamo soprattutto registrato il sovraccarico della realtà ospedaliera – ha detto Simona Serao Creazzola (SIFO) – L’emergenza pandemica non e’ stata presa in carico sufficientemente sul territorio: stiamo pagando scelte passate che ci hanno penalizzato. Senza una presa in carico territoriale forte penso che non potremo mai dare una risposta adeguata, perché il decongestionamento degli ospedali è un risultato che deve essere perseguito con una nuova politica sanitaria. Poi e’ chiaro che abbiamo registrato nel picco pandemico alcune difficoltà di approvvigionamento dei farmaci, dispositivi e DPI, ed i farmacisti ospedalieri qui hanno risposto con dedizione professionale, creando una rete informativa nazionale e offrendo documenti tecnici per le attività di farmacia clinica e galenica. Ma è chiaro che al termine dell’emergenza occorre ripensare agli investimenti in sanità e al riconoscimento del ruolo delle professioni, anche di quelle meno in vista, tra cui proprio quella del farmacista ospedaliero”.
“E dovremo chiederci se i tanti posti letto di terapia intensiva creati in queste ultime settimane dovranno essere stabilizzati ed in che misura e a quali condizioni – ha aggiunto Flavia Petrini – ben sapendo che l’obiettivo non è solo stabilizzare i posti letto, ma renderli tecnologicamente operativi e sicuri, e dotare l’intero sistema di figure professionali adeguate, specializzate e preparate a gestirli anche nel futuro, in fase di non-emergenza”.
Il sistema produttivo e il futuro
Altra criticità emersa nel webinar promosso da AIIC, argomento che non riguarda una professione, bensì il sistema produttivo: il paese Italia può permettersi di non garantire produzioni strategiche? E, se prima le producevamo, oggi perché sono tutte produzioni che importiamo? Per Salvo Torrisi (FARE) “un sistema impoverito globalmente e che non sa garantire produzioni strategiche è un sistema debole, e basta riflettere sull’esperienza di questi giorni per capire quanto possa essere importante l’adeguata produzione e disponibilità nazionale di prodotti a basso costo come mascherine, tamponi orofaringei e gel antibatterico”.
“Auspichiamo – ha aggiunto Torrisi – che da questo evento drammatico possa scaturire un serio ripensamento sulle politiche di approvvigionamento dei dispositivi medici in ambito nazionale e che vengano promulgate norme, e create le condizioni per favorire il ritorno ad una adeguata produzione nazionale, in particolare nei settori a più bassa tecnologia attuando, nel contempo, condizioni affinché tali produzioni possano avere reali chance per competere ed essere acquisite dal SSN”.
Nel suo intervento Fernanda Gellona (direttore generale di Confindustria dispositivi medici) ha sottolineato che dal punto di vista dei produttori le criticità rilevate sono state diverse “a seconda della tipologia di impresa: quella che fornisce ‘prodotti Covid’ e quella che fornisce gli altri prodotti”.
Per i primi, ha sottolineato Gellona, le principali criticità registrate sono state “la mancanza di coordinamento tra il livello centrale e le regioni, in particolar modo per quanto riguarda gli ordini dei materiali. Infatti le richieste arrivano da più parti: Protezione civile, centrali di acquisto regionali, Consip, singoli ospedali, donatori, senza una regia di fondo, con il rischio di richiedere più volte gli stessi prodotti per lo stesso ospedale”.
“In questo modo – ha sottolineato Gellona – non solo si genera la possibile sovrastima dell’effettivo bisogno, ma si ingenera confusione e inutile pressione alle aziende. Ulteriore criticità: la scarsa produzione nazionale e le forniture da parte delle multinazionali estere sono condizionate dai vincoli dei paesi sedi delle case madri. Aziende che forniscono dispositivi medici ‘non Covid’: dal momento che le prestazioni sanitarie di routine sono state quasi azzerate, c’è un crollo verticale degli ordini. Stiamo raccogliendo dei dati più precisi, ma sappiamo già che per molte aziende potrebbe aprirsi un periodo di crisi”.
Le possibili vie d’uscita per il futuro, segnalate da Confindustria Dispositivi Medici al termine del meeting digitale, sono varie ma devono prevedere il “coordinamento tra centro e regioni” e l’avvio “di confronti per analizzare cosa non ha funzionato e pianificare le azioni correttive con la partecipazione degli stakeholder”.