I consigli degli specialisti dell’ospedale Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese Dott. Piero Secreto e Dott.ssa Simonetta Piano
San Maurizio Canavese (TO), 2 aprile 2020 – L’attuale disposizione “iorestoacasa”, già di per sé scomoda e mal sopportabile da persone sane, è gravosa e di difficile gestione per le famiglie che si occupano di malati di Alzheimer o di altre forme di demenza: per molti pazienti affetti da demenza, infatti, poter uscire di casa è non solo una necessità, ma una componente fondamentale e imprescindibile dell’approccio terapeutico, sia per evitare l’incremento di dose di psicofarmaci sia per controllare il più possibile con approccio comportamentale l’agitazione psicomotoria, il wandering e l’aggressività.
Nelle famiglie, in questo momento di estremo disagio, i sentimenti di frustrazione, di inadeguatezza, di sconforto, di abbandono rischiano di prendere il sopravvento e il venir meno degli aiuti riservati ai caregiver (quali ad es. i Centri Diurni) può alla lunga prosciugare le loro risorse, in quanto il paziente dipende totalmente dal suo familiare, con ricadute importanti sulla salute dei malati stessi.
La situazione si fa ancora più pesante quando sono le stesse persone con demenza, o qualcuno dei loro familiari, a risultare positivi al Covid-19, e non sono in grado di mettere in atto le misure di distanziamento o di utilizzo dei dispositivi atti a prevenire il contagio.
In queste situazioni come prima cosa è sempre importante cercare di mantenere il più possibile costante la routine giornaliera del malato e la strutturazione della sua giornata. Infatti, partendo da quella che è la quotidianità di ogni paziente è importante intervenire sull’ambiente di casa e sull’approccio al paziente, attraverso la strutturazione di una routine giornaliera costante che lo rassicuri il più possibile, poiché i disturbi comportamentali sono spesso associati a cambiamenti della routine giornaliera. è fondamentale, per questo, cercare di rassicurare il paziente in ogni suo gesto grande o piccolo che sia, coinvolgendo il paziente in attività a lui piacevoli e appropriate al livello di declino cognitivo.
Sotto questo aspetto appare di particolare importanza per le persone con deterioramento cognitivo e disturbi del comportamento, la possibilità di uscire quotidianamente con supervisione del caregiver, anche dietro certificazione medica, e che sia prevista per loro una deroga alle attuali regole sul divieto di uscire dalle proprie abitazioni. Per chi soffre di demenza stare all’aperto è uno strumento di cura che permette, nei momenti di maggior difficoltà, di ridurre l’ansia e l’agitazione.
Anche quando il comportamento è particolarmente agitato, e il disturbo causa disagio o sofferenza al malato (ansia, angoscia, agitazione incoercibile), con scarsa possibilità di modificarlo con tecniche di rassicurazione, e con scarsa risposta agli psicofarmaci, può essere utile uscire dalla propria abitazione per distrarre il paziente facendo una semplice ‘passeggiata’.
Un momento critico può essere ad esempio quello del pomeriggio/sera quando la riduzione della luce peggiora il disorientamento del paziente che, non riconoscendo il posto in cui si trova, ha paura e istintivamente tende a scappare. Poter fare delle brevi uscite giornaliere, secondo percorsi già conosciuti e utilizzati routinariamente dal paziente, mai da soli ma sempre accompagnati dal familiare, sempre rispettando, per quanto possibile, tutte le previste prescrizioni, evitando assembramenti e cercando di mantenere un’adeguata distanza da altre persone, rappresenta sicuramente uno ‘sfogo’ terapeutico per il malato ed il suo familiare, limitando oltretutto l’improprio ricorso agli psicofarmaci (appare assurdo che questa soluzione, in questo momento, sia consentita ai proprietari di cani e non a familiari di persone con gravi disabilità).
Proprio dal punto di vista dell’utilizzo dei farmaci, occorre che i caregiver si attengano scrupolosamente alla terapia farmacologica prescritta in cronico, senza interromperla o apportare modifiche alla posologia o ancor peggio introdurre nuovi farmaci, in particolare sedativi o antipsicotici, prima di aver consultato il medico curante.
È utile ricordare, a tal proposito, che secondo la nota AIFA del 11 marzo 2020 la validità dei Piani Terapeutici web-based o cartacei già sottoscritti dai medici specialisti e che risultano in scadenza nei mesi di marzo e aprile sarà estesa automaticamente di 90 giorni a partire dal momento della scadenza. Nel caso invece il paziente presenti un peggioramento dei sintomi l’estensione di validità non potrà essere automatica, ma dovrà essere contattato lo specialista di riferimento
Occorre altresì che i caregiver monitorino con attenzione il loro familiare, al fine di intercettare precocemente la comparsa di febbre o sintomi, quali, oltre ai classici sintomi respiratori, modifiche comportamentali come ad esempio comparsa o peggioramento dell’agitazione, o al contrario eccessivo sopore, inappetenza, tratti del viso sofferenti,
Si consiglia inoltre di mantenere il più possibile la routine e gli orari abituali di risveglio, pasti e addormentamento, così come la toilette quotidiana e il vestirsi in abiti civili, anche se si trascorre la giornata in casa; aiutare i pazienti a rispettare le norme igieniche, in particolare per quello che concerne il lavaggio delle mani, da effettuare insieme più volte al giorno, eventualmente sostituendo acqua e sapone se mal tollerati con soluzioni alcoliche in liquido o salviette monouso.
Si consiglia anche di evitare di informare nel dettaglio il paziente rispetto alla situazione di epidemia: probabilmente non sarebbe in grado di comprendere appieno ciò che sta accadendo e di tenerlo a mente, e di agire di conseguenza, anzi, si rischierebbe di spaventarlo o agitarlo ulteriormente, magari rendendo ancora più difficile il rispetto delle norme. Prediligere il contatto fisico e la comunicazione non verbale, creando un ambiente il più possibile sereno, costruttivo e collaborativo. Nella propria casa il soggetto con demenza con grave compromissione cognitiva e vagabondaggio continuo è più al sicuro, per esempio, se può deambulare in una stanza priva di suppellettili, mentre la persona con demenza con lievi o moderati deficit cognitivi vive meglio in un ambiente domestico adattato al suo consueto stile di vita, con uno spazio personale come può esserlo una poltrona, un posto a tavola e un luogo in cui ritirarsi se lo ritiene opportuno.
Per quanto riguarda le attività si suggerisce:
- Fare insieme esercizi di ginnastica dolce in due momenti ben individuati della giornata, magari al mattino al risveglio e dopo il riposo pomeridiano.
- Creare un percorso sicuro all’interno del domicilio per i pazienti con wandering (eliminando o spostando tappeti, cavi elettrici, mobili con spigoli e tutto ciò che può incrementare il rischio di caduta o di trauma).
- Guardare insieme i vecchi album di fotografie o video di famiglia.
- Guardare insieme i vecchi film e ascoltare musica.
- Coinvolgere il paziente in piccoli lavori domestici (riordino cassetti, stoviglie e biancheria), nella preparazione dei pasti, in semplici lavori di bricolage o lavoretti creativi (mandala, puzzles).
- Facendo le cose “senza fretta”, considerando che probabilmente abbiamo quasi tutti maggior disponibilità di tempo , a cui prima non eravamo abituati, da dedicare ai nostri malati, in relazione al rallentamento delle attività lavorative o alle restrizioni sociali in atto.
- Telefonare o videochiamare parenti e amici tramite tablet o smartphone.
Molte associazioni di familiari di Malati di Alzheimer o altre forme di Demenza presenti in Italia (Federazione Alzheimer, Alzheimer Uniti, AIMA…) hanno istituito sportelli d’ascolto o servizi di sostegno psicologico svolto in modalità telefonica per sostenere i familiari e venire incontro alle loro richieste anche di assistenza pratica per gestire meglio e nella maniera più idonea possibile il loro congiunto malato.