Milano, 19 febbraio 2020 – Una reazione avversa a farmaci che porta ad avere ustioni sulla pelle. È il quadro che caratterizza la sindrome di Lyell (necrolisi tossico epidermica) un disturbo raro, rarissimo (l’incidenza è, infatti, di circa 1 caso su milione con una mortalità del 20-30%) ma che richiede cure intensive in centri dedicati alle terapie dei pazienti grandi ustionati. È successo di recente a Niguarda, dove l’approccio multidisciplinare ha salvato la vita ad un paziente, un uomo di 41 anni, che ha avuto un danno epidermico molto grave con un’estensione pari al 100% della superficie corporea.
Le prime manifestazioni sono emerse a seguito dell’assunzione di un tipo specifico di farmaco anti-infiammatorio. Dopo circa una settimana sono comparse febbre e le prime eruzioni cutanee. I sintomi hanno coinvolto anche le labbra e le mucose delle vie aree con interessamenti molto gravi, per questo è stato necessario anche procedere con l’intubazione per la respirazione artificiale.
“Niguarda dal 2009 fa parte del gruppo REACT (Registro Eventi Avversi Cutanei), uno studio multiregionale promosso dalla Farmacovigilanza della Regione Lombardia con lo scopo di monitorare le gravi reazioni da farmaci che interessano la pelle e valutarne le possibili cause – spiega Jan Schroeder, allergologo di Niguarda e responsabile scientifico del progetto REACT – tra queste e tra le più gravi c’è la sindrome di Lyell. Insieme alla Lyell c’è anche la sindrome di Stevens-Johnson, 2 stadi diversi della stessa patologia, in cui a cambiare è l’entità dell’interessamento cutaneo. In entrambe, la pelle è l’organo più severamente colpito: si osserva un arrossamento più o meno diffuso, la formazione di bolle che rompendosi danno luogo ad ampie aree con distacco dell’epidermide e lesioni alle mucose degli occhi, del cavo orale e dei genitali. Si parla di Sindrome di Stevens-Johnson quando le lesioni interessano meno del 10% della superficie corporea, si ha a che fare con la Lyell quando superano il 30%”.
Si tratta di reazioni avverse a farmaci che generano condizioni del tutto analoghe a quelle di un grande ustionato e che, in genere, richiedono un trattamento in un reparto di terapia intensiva o in un centro specifico per il trattamento delle ustioni.
“Molto spesso questi pazienti – spiega Franz Wilhelm Baruffaldi Preis, Direttore del Centro Ustioni e Chirurgia Plastica Ricostruttiva di Niguarda – hanno bisogno di assistenza respiratoria, perché hanno una compromissione della bocca e delle prime vie aeree, per cui spesso vengono intubati. Le terapie prevedono infusione di morfina per il dolore e continue medicazioni. L’assistenza è assimilabile a quella per un grave ustionato e il pericolo numero uno è l’elevata esposizione alle infezioni e la disidratazione”.
Il caso del paziente curato a Niguarda ha richiesto un ricovero di tre settimane, un tempo necessario per combinare trattamenti medici e topici. Si è cercato di spegnere l’abnorme reazione immunitaria attraverso l’infusione di immunoglobuline e cortisone a cui si è affiancata una procedura di “purificazione” del sangue chiamata plasmaferesi. In parallelo si è lavorato anche sul danno epidermico che aveva portato ad un completo distacco dell’intera barriera protettiva del corpo.
“In queste situazioni si procede con trattamenti mirati sulla cute e l’applicazione di garze grasse, imbevute di sostanze medicamentose, con composizione differente a seconda della ferita da curare – indica il chirurgo plastico – Si tratta di speciali medicazioni che, oltre a proteggere, contribuiscono attivamente alla rigenerazione dell’epidermide. Le condizioni del paziente erano molto critiche, per fortuna con l’approccio in team che ha coinvolto lo staff del centro ustioni, l’allergologia e l’oculistica (ndr, per complicazioni insorte alle mucose oculari) siamo riusciti a scongiurare il peggio”.
Ovviamente in futuro è imperativo che il paziente eviti l’uso del farmaco che ha scatenato la reazione, ma è importante non farsi prendere dalla “fobia dei farmaci” nonostante la violenza della sindrome che in Lombardia conta 10 casi all’anno.
“Non si conosce ancora il meccanismo con cui si sviluppa questa sindrome – spiega Schroeder – ma la reazione sembra essere la conseguenza di un’abnorme attivazione a livello cutaneo dei messaggi di morte programmata cellulare (apoptosi). È come se un gran numero di cellule dello strato più superficiale della pelle, l’epidermide, ricevesse un comando di suicidio di massa. Si sospetta una componente genetica coinvolta e il lavoro del gruppo REACT punta proprio al monitoraggio di questi casi per comprendere meglio i meccanismi alla base della sindrome di Lyell e della sindrome di Stevens-Johnson”.