All’Università degli Studi di Milano il Convegno Nazionale “Celiachia e altri disordini Glutine Correlati: Update 2020”. I nostri bisnonni non la conoscevano neanche, oggi invece è molto diffusa, anche a causa del mutamento delle coltivazioni
Milano, 7 febbraio 2020 – Da un caso di celiachia su 2mila a uno su 150: i numeri di questa malattia autoimmune, negli ultimi trent’anni, sono spaventosamente cambiati. Alla base vi è una duplice ragione: una maggiore facilità nella diagnosi e un radicale cambiamento nel nostro stile di vita. Ma a mutare è stata anche la natura stessa della malattia: se trent’anni fa la celiachia era prevalentemente pediatrica, che interessava tra i 3mila e i 5mila soggetti italiani, considerata ‘rara’ dallo stesso Sistema Sanitario Nazionale, oggi la situazione si è ribaltata.
Adesso, nel mondo, la sua prevalenza si aggira tra lo 0.5 e l’1.5%, quindi statisticamente un individuo su 150. I più colpiti sono i bambini tra i 4 e gli 8 anni e gli adulti tra i 25 e i 35 anni. In età pediatrica si parla soltanto di circa 30% di casi, il restante 70% si manifesta invece in età adulta. Una malattia, infine, che colpisce prevalentemente il sesso femminile, con un rapporto 3:1, ma le ragioni alla base di questi picchi sono al momento ancora sconosciute.
Oltre 550 specialisti, tra gastroenterologi, internisti, biologi, nutrizionisti, dietisti, psicologi e infermieri e operatori sanitari partecipano all’Università degli Studi di Milano, al Centro Congressi Casa Cardinale Ildefonso Schuster, in via Sant’Antonio, a pochi passi dall’ingresso della Statale per il Convegno Nazionale Celiachia e altri disordini Glutine Correlati: Update 2020.
L’appuntamento è promosso dal Centro per la prevenzione e diagnosi della malattia celiaca della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, con il Patrocinio della Regione Lombardia. Il Convegno è sotto la direzione del prof. Maurizio Vecchi Docente di Gastroenterologia all’Università di Milano e dal dott. Luca Elli, Resposabile Centro Celiachia, Fondazione IRCCS Cà-Granda di Milano.
“Le ragioni per cui, negli ultimi trent’anni, è avvenuto tale cambiamento sono principalmente due – spiega il dott. Luca Elli – In primis oggi è molto più semplice diagnosticare la celiachia, facendo facilmente emergere il sommerso. Inoltre, secondo punto, esiste una tendenza reale all’aumento di questa patologia autoimmune, dovuto a molteplici cause, molte ancora teoriche. Ad esempio il cambiamento nella coltivazione degli alimenti, molto più intensiva e fertilizzata, lo stile di vita, l’uso di antibiotici anche nell’età pediatrica, il controllo su alcune malattie infettive”.
“I numeri della celiachia parlano da soli: 600mila i casi evidenziati dagli screening, pazienti in cospicuo aumento e sommerso in costante impennata – sottolinea il prof. Maurizio Vecchi, Direttore del Convegno e direttore dell’Unità operativa di Gastroenterologia del Policlinico del capoluogo lombardo – Sono infatti oltre 400mila i pazienti che oggi rappresentano la porzione nascosta di questa malattia autoimmune ‘accesa’ dal glutine e segnata da difficoltà diagnostiche. Un quadro che la scienza sta modificando: sia per la definizione precoce della patologia, sia per il controllo della stessa”.
Durante l’ultimo congresso internazionale della Celiachia a Parigi dello scorso settembre 2019, è stato annunciato l’interruzione della ricerca sul vaccino: l’idea di sconfiggere e eradicare definitivamente la malattia, è quindi tramontata.
“La tendenza che probabilmente potrà verificarsi, invece, si riferisce ad una terapia sempre più personalizzata in favore dei pazienti – prosegue il dott. Luca Elli – Questi potranno reintegrare nella loro dieta alcuni alimenti con glutine. Nei prossimi anni, infine, arriveranno anche delle molecole che aiuteranno il paziente a convivere con la malattia”.
Che l’aderenza alla dieta priva di glutine rappresenti un ostacolo nella gestione della malattia da parte del paziente è ben concepibile. Tant’è che, fino ad oggi, ha rappresentato uno scoglio anche per i clinici. Ora però gli specialisti hanno a disposizione un nuovo strumento: un test che è in grado di indicare il livello di detezione del peptide del glutine nelle urine e nelle feci dei pazienti. Uno strumento che permette il monitoraggio reale e costante della malattia, apportando laddove necessario le giuste correzioni.
“Grazie a questi test – conclude il dott. Luca Elli – è possibile capire se si stia mangiando in maniera occulta qualunque alimento con glutine e se questi possono essere eventuali cause dei sintomi che potrebbe provocare. Si tratta di strumenti che sono già a disposizione, al momento esclusivamente presso la Fondazione IRCCS Cà-Granda di Milano. Allo stato attuale non abbiamo dati riguardanti la situazione italiana, il primo trial è attualmente in corso. Eppure, secondo studi internazionali, circa il 20% del campione mangia occultamente qualche alimento con il glutine senza saperlo”.