In Usa risparmiati 1,38 trilioni in 20 anni, evitati 732mila morti. I dati italiani al 71° Congresso Italiano di Pediatria. I pediatri: stop al federalismo vaccinale
Roma, 5 giugno 2015 – Oltre ad essere un vero e proprio tesoro in grado di evitare gravi malattie, handicap e morti sia in bambini che in adulti, i vaccini rappresentano anche un “tesoretto” da centinaia di milioni di euro, se non miliardi, in termini di costi risparmiati ogni anno dal SSN e dalla società in generale. I benefici economici delle vaccinazioni e – altra faccia della medaglia – i costi spesso ingenti delle epidemie di malattie prevenibili sono stati al centro di una delle sessioni internazionali del 71° Congresso Italiano di Pediatria in corso a Roma.
“Quando si parla dei presunti rischi delle vaccinazioni, oggi smentiti da tutti gli studi e le ricerche scientifiche svolte in varie aree del mondo, si dimentica che le vaccinazioni sono l’unico strumento per impedire la diffusione di malattie infettive gravi e a volte mortali che spesso non possiamo combattere con altri strumenti efficaci. Malattie che hanno un alto costo sia sociale che economico”, dichiara Giovanni Corsello, Presidente del Congresso e della Società Italiana di Pediatria.
I dati Usa
Il primo a introdurre l’argomento è stato Louis Bell, capo della divisione di Pediatria del Children’s Hospital di Philadelphia, istituzione ‘ospite’ del Congresso. “I benefici dei vaccini negli Usa tra il 1994 e il 2013 sono stati calcolati in 322 milioni di casi prevenuti, 21 milioni di ricoveri evitati e 732mila morti risparmiate – ha affermato – In termini economici i vaccini hanno permesso di risparmiare 295 miliardi di costi diretti e 1,38 trilioni di dollari di costi indiretti”.
Altrettanto precisi sono i calcoli dei costi del non vaccinare negli Usa, calcolati in uno studio che ha come prima firma Charlotte Moser, sempre del Children’s Hospital. I 107 casi di morbillo del 2011 ad esempio hanno avuto costi indiretti stimati tra i 2,8 e i 5,5 milioni di dollari. Un’epidemia di meningococco oltreoceano può invece costare invece tra 320 e 620 mila dollari a seconda delle dimensioni. “Per cercare di convincere i genitori a vaccinare i figli – spiega Bell – bisogna essere appassionati nel descriverne i benefici e i profili di sicurezza, sapendo che le preoccupazioni principali riguardano il rischio di autismo e quello di sovraccaricare il sistema immunitario”.
I dati italiani
Per quanto riguarda l’Italia, pur mancando cifre totali sui vantaggi dei vaccini, ci sono diverse ricerche significative. Secondo i calcoli di Alberto Villani, vicepresidente SIP, ad esempio, i circa 150 casi di meningite da meningococco prevenibili in Italia (di cui il 10% mortale) costano al SSN tra i 17 e i 21 milioni di euro, mentre per quel 10-20% di casi gravi la cifra sale e arriva tra i 18 e i 47 milioni di euro.
Trasponendo i dati ottenuti in altre nazioni (Spagna, Canada, Australia) è possibile calcolare, come mostrato da Alberto Villani, in alcune sue relazioni a Congressi, i costi derivanti dai ricoveri in urgenza nei casi di meningite da meningococco B che solo nella fase acuta, in Italia, possono arrivare a una cifra compresa tra i 15 e i 20 milioni di euro circa l’anno.
“I vantaggi economici dei vaccini sono fuori discussione – ha sottolineato Paolo Bonanni, Ordinario di Igiene dell’Università degli Studi di Firenze – noi ad esempio abbiamo calcolato che solo per il vaccino monovalente per la varicella ogni euro investito ne fa risparmiare più di tre in termini di costi per la società, che comprendono sia i costi diretti sanitari, sia i cosiddetti ‘costi indiretti’ (giornate di lavoro perse dai genitori per assistere i figli)”. In Italia, sottolinea l’esperto, solo poco più della metà delle Regioni offre il vaccino per la varicella gratuitamente.
“Non ha senso lasciare una parte della popolazione pediatrica coperta e l’altra no – spiega Bonanni – anche perché questo genera dei problemi come lo spostamento dei contagi verso l’adolescenza. Un altro degli argomenti in discussione è se usare il vaccino combinato quadrivalente, morbillo, rosolia, parotite, varicella, o il trivalente MPR somministrato simultaneamente (ma in un altro arto) al vaccino monovalente per la varicella. Il mio parere è che sia migliore la prima ipotesi, perché è dimostrato che con le due somministrazioni separate la copertura diminuisce, inoltre gli effetti collaterali sul lungo termine sono gli stessi”.
Anche per l’influenza, che quest’anno ha scontato anche per i bambini l’effetto negativo del ritiro di alcuni lotti di vaccini destinati agli anziani, ormai ci sono diverse evidenze su quanto si risparmierebbe con una immunizzazione più estesa. “L’effetto Fluad è stato pesantissimo, nonostante Fluad sia utilizzato soltanto negli anziani e non sia tra i vaccini che possono essere somministrati nei bambini e negli adolescenti – conferma Susanna Esposito, Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura della Fondazione Ca’ Granda di Milano – il calo della vaccinazione tra i bambini con malattie croniche, per i quali in Italia e in tutto il resto del mondo la vaccinazione è raccomandata, è stato paragonabile a quello avuto negli anziani, circa il 30%. Questo ovviamente si è riflettuto sul numero di casi gravi e ricoveri per complicanze legate all’influenza negli ospedali”.
Tutto il mondo, sottolinea Esposito, sta andando verso la copertura vaccinale per l’influenza anche nei bambini sani. “Negli Usa già da otto anni a partire dai sei mesi di vita vaccinano tutti – spiega – in Finlandia immunizzano dai sei mesi ai tre anni, e in Gran Bretagna dalla scorsa stagione si vaccinano tutti i bambini, anche quelli sani, dai 4 ai 10 anni di età. Quest’ultimo è un ragionamento che vedrei bene anche da noi: un bambino di sei mesi se non va al nido trae minori vantaggi dal vaccino, idem uno di tre anni, ma se frequentano l’asilo allora la vaccinazione permette di ridurre le complicanze mediche e i costi sociali legati all’influenza”.
I pediatri: stop al federalismo vaccinale
Come altri settori della sanità, anche quello dei vaccini sconta delle differenze regionali inaccettabili. “Molti aspetti ci preoccupano – afferma Alberto G. Ugazio, Direttore del Dipartimento Medicina Pediatrica dell’Ospedale Bambino Gesù – Il calo delle coperture vaccinali è la diretta conseguenza del crescente scetticismo verso la scienza e la ragione e del dilagare di teorie complottistiche. Questo però è un problema universale e difficile da risolvere in ambito nazionale. In Italia abbiamo anche un altro problema, quello del federalismo vaccinale, che determina disomogeneità territoriali e iniquità. Ad esempio gli ultimi dati relativi alla vaccinazione dell’MPR (morbillo, parotite, rosolia) mostrano che in quasi tutte le regioni del Sud (con l’eccezione della Puglia e della Basilicata) i tassi di copertura vaccinale sono ben al di sotto del 90%, mentre al Nord sono mediamente al di sopra (con l’eccezione di Trentino e Val d’Aosta). Per non parlare di vaccini che in alcune regioni sono offerti gratuitamente e in altre regioni sono a carico dei cittadini”.
“Queste disparità, che colpiscono il diritto dei bambini a essere protetti da malattie infettive, sono contrarie del dettato costituzionale. Noi riteniamo che il federalismo vaccinale debba finire e si debba arrivare a un calendario vaccinale unico e a un’offerta vaccinale omogenea su tutto il territorio nazionale”, conclude il Presidente SIP Giovanni Corsello.
fonte: ufficio stampa