Milano, 4 dicembre 2019 – Negli over 60 la più frequente forma reumatologica è l’artrosi (più di 4 milioni di pazienti), per gli under 50 l’artrite reumatoide (0,5%) e per i giovani sotto i 16 anni l’artrite idiopatica giovanile (incidenza di 1 a 1000). Come un cerchio che si chiude, i principali segni di una malattia reumatica toccano tutte le fasce di età con gli stessi sintomi: rigidità al mattino, impaccio nei movimenti, zoppia, non sempre dolore. E la peculiarità è che colpiscono nello stesso modo tutte le età.
È questo il contesto in cui si inserisce il progetto di reumatologia “Da zero a cento”, grazie alla lungimiranza e all’azione dell’Istituzione dei due fondatori e promotori a latere dell’incontro organizzato dalle due unità operative di reumatologia (clinica e dell’età evolutiva) dell’ASST Gaetano Pini-CTO e dell’Università di Milano.
“La reumatologia ‘Da zero a cento’ è un progetto, unico nel suo genere in Italia, che oggi diventa realtà. Ha come obiettivo quello di prendere in carico i pazienti affetti da malattie reumatologiche seguendoli con continuità clinica nella gestione e nell’accudimento del paziente dall’anno zero, appunto, fino al’età avanzata (come cento anni), nella stessa struttura ad alta specializzazione – spiega Roberto Caporali, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia Clinica, ASST Gaetano Pini-CTO di Milano – Sono dunque due le anime: quella della cura dei bambini e quella della cura degli adulti, dove abbiamo messo tutta la nostra esperienza, quella del Gaetano Pini di Milano come ospedale e dell’Università di Milano”.
Un bambino che entra nel Progetto “Da zero a cento” potrà ora contare non solo su un team multidisciplinare di esperti (dagli ortopedici agli oculisti), coordinato dal reumatologo pediatra, ma anche sulla continuità di cure, di condivisione delle informazioni cliniche e psicologiche che lo riguardano fino all’età adulta e anche dopo.
“Stiamo dando una svolta al problema del momento della transizione in modo indolore, evitando interruzioni e rivoluzioni di struttura e di riferimenti – continua Rolando Cimaz Responsabile Unità Operativa Complessa di Reumatologia Pediatrica, ASST Gaetano Pini-CTO di Milano – Il ragazzo che diventa adulto di solito si trova spiazzato, perché per la sua malattia passa repentinamente dalla gestione dei genitori a una gestione più e più autonoma della malattia. Anche le terapie posso cambiare, come i referenti, che di solito sono in un altro ospedale rispetto a quello di riferimento pediatrico, e sarà poi il medico di base, che non è sempre preparato in questo campo così specialistico, a diventare il nuovo ‘pediatra’. Una rivoluzione che spesso porta a diagnosi ritardate (dai 6 mesi all’anno e mezzo di media), ma anche all’abbandono delle terapie in atto”.
Si calcola che, se non curate adeguatamente e in tempo, in 10 anni la metà delle forme più gravi portano a invalidità permanente. Nel caso dell’artrite reumatoide, l’inabilità nelle mansioni giornaliere e nel lavoro colpisce il 50% dei pazienti, e una persona su 5 dovrà sottoporsi a un intervento per protesi articolare.
“È strettamente fondamentale che la diagnosi arrivi il più presto possibile, e una struttura come la nostra ha anche questo compito – precisa Caporali – Il nostro obiettivo è la diagnosi sotto il ritardo medio attuale, quindi sotto i 6 mesi: puntiamo a entro i 3 mesi. Anche perché le malattie reumatiche hanno un andamento evolutivo cronico e possono portare alla disabilità. La diagnosi precoce è fondamentale ed è un obiettivo primario del progetto da zero a 100”.
In media i ritardi delle diagnosi variano dai sei mesi all’anno e mezzo, per una serie di motivi legati alla complessità di queste malattie e alla transizione fra pediatra e medico di base che crea un ‘vuoto’ anche diagnostico. Esiste anche una responsabilità dei familiari di pazienti in età avanzata che pensano che l’artrite sia una normale conseguenza della vecchiaia. “Non è così, ed è un vero peccato, perché si può fare molto per i sintomi, per il decorso di queste malattie e per la qualità di vita, soprattutto per l’artrite reumatoide. E oggi abbiamo soluzioni terapeutiche nuove – conclude Caporali – Un intervento su questa patologia porterebbe vantaggi anche sulla spesa complessiva che in Italia supera i 4 miliardi di euro l’anno, dei quali la metà sono in perdita di produttività per malattia sul lavoro. L’artrite reumatoide è responsabile ogni anno di oltre 13 milioni di giornate di assenza dal lavoro, con un costo di circa un miliardo e mezzo l’anno (in perdita di produttività si sfiora il miliardo di euro”.
I due team cosi concepiti e organizzati, oltre a curare i pazienti a stretto contatto, sono anche nelle condizioni di studiare e produrre ricerche insieme. “Uno dei campi su cui concentreremo i nostri sforzi sarà proprio quello dello studio delle differenze e delle concordanze fra diverse età in campo terapeutico – conclude Caporali – Vogliamo anche capire perché le donne si ammalano di più, dato che ad oggi non ci sono spiegazioni definitive: la teoria che si basa sugli assetti ormonali femminili è solo un’ipotesi, dobbiamo capire di più”.
Il progetto “Da zero a cento” è operativo: basta prenotare una visita presso il Presidio Ospedaliero Gaetano Pini di Milano per entrare nel ‘sistema’ ad alta specializzazione che accompagnerà il paziente per tutta la vita.