Roma, 17 ottobre 2019 – In Italia, i dati del rapporto sulla Salute Mentale del 2017 dicono che i pazienti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici siano oltre 850mila; di cui 336mila entrati in contatto con i servizi per la prima volta; le persone di sesso femminile rappresentano il 54% dei casi; il 68% dei pazienti sono al di sopra dei 45 anni. La spesa complessiva è stata di 4 miliardi di euro, di cui l’assistenza ambulatoriale ben il 47% del complessivo, il residenziale il 40% e il semiresidenziale il 13%. Il costo medio annuo per residente dell’assistenza psichiatrica, territoriale e ospedaliera, è pari a 78 euro.
Per affrontare i problemi legati ai disturbi mentali, in particolare alla qualità dell’offerta di cura nei sevizi italiani, si è svolto in Senato il Convegno “Evoluzione e futuro della cura dei disturbi mentali” che ha coinvolto istituzioni, clinici e rappresentanti dei cittadini.
Il disturbo mentale deve essere considerato una malattia cronica a tutti gli effetti e non un problema, perché così facendo si rischiano tardiva diagnosi e bassa aderenza alla terapia. Le persone con psicopatologia non hanno colpe, devono essere considerate affette da patologia così come molti altri: bisognerebbe pensare a terapie croniche già in età giovanile, in modo da non dover rinunciare a vivere normalmente e a formare nuovi specialisti oltre che in accademia direttamente sul campo.
“La psichiatria moderna è una scienza che sta vivendo una straordinaria rivoluzione teoretica, metodologica e scientifica. Come la medicina generale, che negli anni 50 con la scoperta del genoma ha rivoluzionato i confini del sapere medico, oggi la psichiatria con la scoperta del Connettoma, la rete neuro-biologica che collega tra di loro i centri cerebrali ed elabora il pensiero e le nostre azioni, costruisce una conoscenza ultrastrutturale del cervello ed inizia a spiegare i meccanismi più’ profondi delle malattie psichiche. Questo enorme cambiamento conoscitivo impone radicali cambiamenti nella metodologia e nella prassi della formazione dei nuovi psichiatri del terzo millennio. Infatti, i nuovi specialisti in formazione psichiatrica devono formarsi in una scuola inserita sia nel mondo accademico sia nel mondo del servizio sanitario nazionale, che comprende le nuove realtà ospedaliere e quelle territoriali”, ha detto Massimo Di Giannantonio, Copresidente Società Italiana di Psichiatria
“Il loro orizzonte mentale e la loro cultura devono essere aperti a tutte queste realtà, affinché possa esistere una rete di collaborazione tra tutti questi setting differenti, con il fine ultimo di assicurare una vera continuità assistenziale. La formazione dei nuovi specialisti deve dunque passare, con rigore metodologico, attraverso didatti universitari, ospedalieri e territoriali. Infine, Il nuovo specialista psichiatra deve sapersi muovere con agilità non solo negli ambiti della psicopatologia e della psicofarmacologia, ma anche della psicoterapia”, ha concluso Massimo Di Giannantonio.
Le cure e i servizi, pur avvicinandosi ai modelli individuati, purtroppo non sono garanti allo stesso modo su tutto il territorio nazionale: non è un problema economico, è che i soldi sono utilizzati in modo errato, l’impatto sulla gestione della patologia è il vero costo.
“I Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali sono garanzie di qualità delle cure perché riflettono gli standard più adeguati, per il trattamento dei disturbi mentali gravi e persistenti, ma le Regioni devono attrezzarsi per adeguare i servizi a quegli standard attraverso azioni progressive di avvicinamento ai modelli individuati. Bisogna aumentare le risorse disponibili per i Servizi di Salute Mentale ampiamente sotto finanziati rispetto allo standard atteso del 6% del fondo sanitario nazionale. Riformare l’organizzazione dipartimentale creando presupposti per una vera integrazione tra sevizi per l’adolescenza e quelli dell’adulto; oggi è necessario ridurre il tempo che intercorre tra la comparsa dei primi sintomi e l’inizio delle cure. La separazione dei servizi al 18° anno di vita è un vero ostacolo al raggiungimento di questo obiettivo. Formare professioni sanitarie specifiche per la Salute Mentale, sia medici attraverso rapporti più organici con Università e scuole di specializzazione che personale del comparto che arriva a lavorare nei Centri di Salute Mentale con un bagaglio di poche ore di in-formazione sui disturbi mentali e nessuna conoscenza tecnico pratica. Potenziare le infrastrutture, perché per applicare i PDTA è necessario avere standard numerici di riferimento che indichino quanta di quella strada di avvicinamento ai contenuti delle Linee Guida è stata percorsa e si è tradotta in offerta di servizi di qualità. Infine, il destino dei disturbi psichici dipende solo in una certa misura dai trattamenti terapeutici; è necessaria la collaborazione dei Dipartimenti di Salute Mentale con gli Enti Locali per favorire politiche di accesso al lavoro, per attuare il diritto all’abitare e spazi di vita che favoriscano piena integrazione delle persone con disturbi psichici nel tessuto umano e culturale della Comunità”, ha dichiarato Michele Sanza, Direttore Unità Operativa Servizio Dipendenze Patologiche, Azienda Unità Sanitaria Locale Romagna-Cesena.
“Occorre innanzitutto riportare l’attenzione sul grave sottofinanziamento che affligge da anni il settore della salute mentale: i dati più recenti indicano che la spesa media nazionale si attesta al 3,6% del fondo sanitario. Va tuttavia analizzata anche la composizione della spesa e la reale produzione di valore che gli investimenti determinano: parte significativa dei circa 2 miliardi di euro impegnati nella residenzialità psichiatrica potrebbero essere meglio utilizzati in progetti personalizzati sostenuti da budget individuale di salute, perseguendo obiettivi di autonomia e qualità di vita”, ha detto Fabrizio Starace, Presidente Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica.