La foniatria è la disciplina medica che studia la fisiopatologia della comunicazione. Il principale aspetto patologico dell’autismo coinvolge proprio le abilità comunicative, prima tra le quali il linguaggio, ma risultano costantemente compromesse – sia pure in misure diverse da caso a caso – anche le capacità relazionali, sensoriali, motorie, cognitive.
Tutte queste componenti rientrano nella definizione del cosiddetto profilo comunicativo individuale, la cui gestione diagnostica, clinica, terapeutica globale, può considerarsi di competenza foniatrica.
“Il foniatra è il laureato in medicina e chirurgia che si occupa dei problemi della fisiologia e della patologia della comunicazione umana o più comunemente della voce, della parola, del linguaggio, dell’udito (in quanto interessante il linguaggio orale), della comunicazione non verbale, della deglutizione e degli apprendimenti”. (Definizione dell’Unione dei Foniatri Europei, 1992).
Da parte mia, sono stato sempre convinto della necessità di agire su tutti gli aspetti del profilo comunicativo di una persona da trattare in riabilitazione, quale che fosse il suo problema iniziale o apparentemente prevalente, dunque anche oltre le sindromi dello spettro autistico.
Dei quattro livelli del profilo comunicativo:
- Percettivo sensoriale
- Cognitivo integrativo decisionale
- Motorio prassico espressivo
- Emotivo relazionale comportamentale
Nessuno dei quattro è da considerarsi prioritario, antecedente, conseguente, più importante, meno importante, rispetto agli altri.
Ogni individuo comunicante o potenzialmente comunicante, è allo stesso tempo: percezione, integrazione di quanto riceve dall’ambiente esterno e interno, intelligenza, elaborazione mentale, ragionamento, volontà, decisionismo, emotività, movimento, espressione, relazione, interfaccia con l’ambiente e con gli altri esseri viventi, comunicanti e non comunicanti.
Ne consegue che tanto in diagnostica quanto in terapia, occorre tener conto di queste premesse e queste basi; e aggiungerei anche che le origini delle loro alterazioni sono comunque organiche, dunque localizzate nel corpo del paziente, anche se almeno in parte innescate dall’ambiente esterno, provocando uno o più danni a carico di organi e apparati, tra cui sicuramente il sistema nervoso centrale, ma anche l’apparato digerente, il sistema endocrino, e quello immunitario.
Il mio attuale modello di Intervento Foniatrico Integrato, per la gestione diagnostica e terapeutica delle sindromi dello spettro autistico e delle altre patologie della comunicazione, si identifica in una prima componente clinica di competenza medica rivolta all’identificazione e alla definizione nosologica dei disturbi di cui risulta affetto il paziente che giunge all’osservazione, e in una componente terapeutica multidisciplinare che va a trattare sia gli aspetti biomedici (tossici, alimentari, metabolici…) che quelli abilitativi-riabilitativi, attraverso approcci di natura logopedica, psicomotoria, educativa, psicologica, musicale-ritmica…, affidati però non a singole figure con specifiche ed esclusive competenze in ciascuno di questi settori, ma a professionisti provenienti, sì, inizialmente da ciascuna singola area specialistica, che però hanno “integrato”i propri bagagli formativi ed esperienziali, con contenuti attinti anche dalle altre discipline.
Dunque, un concetto di integrazione applicato non solo alla realizzazione degli interventi diagnostici e terapeutici, ma anche alle modalità di esecuzione delle terapie.
Nel corso dei trenta anni trascorsi dall’inizio della messa in pratica dell’Intervento Foniatrico Integrato, sono state apportate (come era giusto che fosse) modifiche progressive ai modelli di approccio sia valutativo che curativo.
Inizialmente si è partiti da una matrice essenzialmente logopedica, che qualche decennio fa – ma a volte ancora oggi – risultava difficile far accettare come proposta terapeutica di primo approccio, a una classe medica, nonché alla stessa utenza, abituata a ragionare secondo il presupposto che occorresse prima che un bambino fosse attento e adeguatamente evoluto sul piano psicomotorio, per poi avviarlo alla logopedia.
Riscontri sul campo e risultati concreti hanno invece dimostrato che una delle principali armi vincenti contro l’autismo e le disabilità ad esso collegate, è proprio la tempestività di inizio di un lavoro stimolativo del linguaggio, simultaneo e non successivo ad altre forme di intervento abilitativo su tutti gli aspetti del profilo comunicativo.
Nel corso di questo trentennio ci si è accorti anche dell’importanza dei cambiamenti alimentari nei soggetti rientranti nello spettro autistico e nelle sindromi ipercinetiche con deficit attentivo.
Studi effettuati in più parti del mondo hanno evidenziato come molti alimenti, primi tra i quali il glutine e la caseina (ma anche ulteriori cibi che da individuo a individuo possono risultare meno compatibili con i rispettivi sistemi immunitari) rappresentino una vera e propria fonte di disturbo neurologico costante e dunque destabilizzante tante funzioni attentive, percettive, cognitive, comportamentali, espressive, motorie…, da cui l’utilità pratica di una reimpostazione alimentare e di eventuali trattamenti disintossicanti, ai fini dell’ottenimento di miglioramenti delle sintomatologie cliniche. Il tutto, in affiancamento e quindi in “integrazione” alle iniziative terapeutiche abilitative-riabilitative, a loro volta elaborate secondo il descritto modello integrato.