a cura dei Proff. F. De Marchi, D. Peroni – Clinica Pediatrica, Università di Ferrara
La Dermatite Atopica (DA) è la più frequente malattia infiammatoria cutanea dell’infanzia. Numerosi studi sono stati effettuati per valutarne incidenza e prevalenza, ma le differenti metodologie di analisi e le diverse caratteristiche delle popolazioni in studio hanno spesso impedito di giungere a risultati univoci. I più consistenti dati epidemiologici ad oggi raccolti riguardo la prevalenza della da nell’infanzia sono quelli provenienti dall’International Study of Asthma and Allergies in Childhood (ISAAC), che sottoponendo un questionario standardizzato a 463.801 bambini di età compresa tra i 13 e i 14 anni provenienti da 56 diversi Paesi ha permesso di situare la prevalenza del disturbo tra l’1% in Albania e Cina e il 20% in Svezia e Finlandia. Questi dati hanno trovato ulteriori conferme in diverse ricerche indipendenti, che hanno rilevato ad esempio in Oregon (USA) una prevalenza del 17,2% in bambini di 5-9 anni e in Germania prevalenze comprese tra il 5,9% e il 17,5% in bambini di 5-15 anni.
Non dissimile sembra essere la situazione in Italia, dove una prevalenza del 15,4% è stata individuata in bambini di età prescolare nel veronese. Molto limitati sono i dati disponibili riguardo la prevalenza della da negli adulti, ma diversi studi sembrano suggerire che questa si attesti intorno al 2-3% nei Paesi occidentali. L’importanza dell’ISAAC non si ferma però all’aver calcolato in maniera accurata ed affidabile la point prevalence della DA nel mondo. Esso si è infatti articolato in più fasi, completando il dato di prevalenza con l’andamento della stessa nel tempo. Era da tempo convinzione di tutti gli autori che la prevalenza della DA negli ultimi decenni fosse notevolmente aumentata, e molti pensavano che alla fine del secolo scorso essa avesse raggiunto un plateau, attestandosi stabilmente sugli alti livelli raggiunti.
I dati dell’ISAAC misero tuttavia in luce nella maggior parte dei Paesi coinvolti un trend di crescita ancora attivo, con aumenti annuali pari a 1 punto percentuale o più. Molte ipotesi sono state elaborate per cercare di spiegare queste caratteristiche epidemiologiche della DA, peraltro analoghe a quelle di altri disturbi allergici quali rinite/congiuntivite allergica ed asma (prevalenza in aumento, maggiormente nelle regioni industrializzate e a più alto tenore di vita).
L’interpretazione che ancora oggi riscuote maggiori consensi è la cosiddetta “ipotesi igienica”, proposta per la prima volta da David P. Strachan nel 1989. Secondo tale teoria, il miglioramento delle condizioni igieniche e la riduzione della numerosità delle famiglie negli ultimi decenni avrebbero portato ad una minore esposizione ad agenti infettivi in età infantile, e quindi ad un’aumentata suscettibilità alle malattie allergiche.
Una prima spiegazione immunologica di quest’ipotesi è stata ricercata nella mancata deviazione della risposta immunitaria dal profilo T helper 2 (Th2, coinvolto nella risposta ad elminti tramite l’attivazione di mastociti ed eosinofili, ma responsabile anche di infiammazione e reazioni allergiche) al profilo T helper 1 (Th1, implicato nella risposta a microbi intracellulari attraverso l’attivazione dei macrofagi). Il periodo critico per determinare l’equilibrio Th1/Th2 sembra infatti essere quello prenatale e della prima infanzia: i neonati possiedono un assetto immunitario che privilegia una risposta Th2, e un’insufficiente esposizione ad antigeni infettivi nelle fasi precoci della vita tenderebbe a mantenere questo profilo di risposta a discapito di una normale maturazione verso lo stipite Th1.
Nell’individuo normale il riconoscimento dei prodotti batterici da parte dei Toll-Like Receptors (TLRs) delle cellule dell’immunità innata indurrebbe proprio in queste ultime la produzione di una serie di citochine, tra cui Interleuchina-12 (IL-12) e Interferone-� (IFN-�), le quali interverrebbero poi nella maturazione dei linfociti t CD4+ naïve verso il fenotipo Th1. Più recentemente è stato però enfatizzato anche il ruolo dei linfociti T regolatori (Treg) nella modulazione dell’equilibrio Th1/Th2: una loro ridotta attività potrebbe essere parimenti implicata nello sbilanciamento in senso Th2 delle risposte immunitarie. Probabilmente entrambi i meccanismi sono coinvolti. altro aspetto interessante cui una fase dell’ISAAC è stata dedicata è la valutazione della sensibilizzazione allergica nei pazienti con DA: è stata rilevata una forte correlazione positiva tra i due parametri in quasi tutti i Paesi industrializzati indagati (primo tra tutti Hong Kong, dove il 73,9% dei bambini con eczema risultava allergico); nei Paesi in via di sviluppo invece la relazione non è risultata statisticamente significativa (dato più eclatante, in Palestina ed in Ghana nessuno dei bambini con DA presentava allergie).
Oltre a confermare la presenza di due distinte forme di da (estrinseca ed intrinseca) a distribuzione evidentemente disomogenea nel mondo, queste osservazioni hanno suggerito la presenza di fattori ambientali che aumentano il rischio di sensibilizzazione allergica e di DA, legati in particolare all’industrializzazione e ad uno stile di vita occidentale.
Molte ricerche sono state condotte per identificare i fattori di rischio più significativi per lo sviluppo di DA. Oltre all’indiscusso ruolo della familiarità per atopia, una parte importante sembra essere giocata anche dall’esposizione (e sensibilizzazione) ad animali domestici, acari della polvere e pollini. Ancora incerto è invece il ruolo del fumo di sigaretta, dell’inquinamento atmosferico e della dieta. Per quanto concerne quest’ultimo punto, non si sono ad oggi rinvenute evidenze che raccomandino restrizioni dietetiche nelle donne in gravidanza o durante l’allattamento come misura preventiva nei confronti dello sviluppo di malattie atopiche nel bambino.
L’allattamento al seno esclusivo, soprattutto nei primi 3-4 mesi di vita, sembrerebbe rivestire un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo di DA, ma gli effetti potrebbero essere transitori e ulteriori studi sono necessari per confermare il dato. L’esordio della DA avviene nei primi 6 mesi di vita nel 45% dei bambini, entro il primo anno di vita nel 60%, e prima dei 5 anni di età nell’85%. La prognosi del disturbo è comunque molto buona: secondo il Multicenter Atopy Study (MAS) condotto in Germania, già all’età di 3 anni il 43,2% dei bambini raggiunge una completa remissione, mentre il 38,3% ed il 18,7% hanno un pattern di malattia rispettivamente intermittente e persistente fino ai 7 anni di età. La pubertà rappresenta comunque un periodo di remissione della malattia anche per la maggior parte dei pazienti di questi ultimi gruppi.
Importante ricordare infine come sia molto più frequente nei pazienti che soffrano o abbiano sofferto di DA, rispetto alla popolazione generale, un coinvolgimento delle vie respiratorie sotto forma di rinite allergica e/o asma. Gli esatti meccanismi di questa progressione non sono ancora stati chiariti, ma fattori di rischio in questo senso sono una storia familiare di atopia, un precoce esordio della DA e una maggiore severità della stessa, e la sensibilizzazione allergica del paziente.
Nei periodi intercritici la condizione può essere riconosciuta per una serie di aspetti suggestivi, quali secchezza cutanea diffusa, iperlinearità palmo-plantare e pallore (causato dal caratteristico dermografismo bianco dei soggetti atopici). A livello facciale si possono poi identificare le cosiddette pieghe di Dennie-Morgan (piccole pieghe sottopalpebrali), e in alcuni casi il segno di Hertoghe (diradamento del terzo esterno delle sopracciglia dovuto al grattamento).
Il sospetto clinico può però essere confermato solo dal riconoscimento delle tipiche lesioni eczematose. In fase acuta, esse si presentano come chiazze dai bordi sfumati, con aspetti francamente infiammatori, quali eritema, essudazione sierosa e vescicolazione. Con la guarigione e la cronicizzazione si osserva invece l’intervento di xerosi, lichenificazione, talvolta con elementi papulosi erosi, e discromie nel senso di una ipo- o iper- pigmentazione. Queste ultime risultano più evidenti nei soggetti di colore, e sono in genere reversibili: la DA è tendenzialmente un disturbo che non lascia esiti cicatriziali, a meno di infezioni secondarie o lesioni particolarmente profonde. Quadri clinici più rari sono la forma nummulare, caratterizzata da lesioni di forma discoide od ovalare, e la forma follicolare. L’eczema si manifesta con una distribuzione tipica, variabile a seconda dell’età del soggetto.
In particolare:
- Nella fase della prima infanzia (dalla nascita ai 2 anni di età) le lesioni, spesso simmetriche, compaiono a livello del volto (soprattutto guance, zigomi e fronte) e del cuoio capelluto, ma possono arrivare ad estendersi anche al tronco ed alle superfici estensorie degli arti; l’area del pannolino è sempre risparmiata. Gli aspetti prevalenti sono quelli della secchezza cutanea diffusa e dell’edema, con essudazione e formazione di croste anche in assenza di infezioni secondarie.
- Nella fase della seconda infanzia (dai 2 anni alla pubertà) le lesioni interessano le pieghe (collo, zona retroauricolare, regione antecubitale, cavo popliteo) e le estremità (mani e polsi, piedi e caviglie); il coinvolgimento facciale, quando presente, si limita in genere alle aree periorbitale e periorale. La progressiva cronicizzazione della malattia rende la xerosi e la lichenificazione tendenzialmente più frequenti rispetto all’essudazione.
- Nella fase adulta (dalla pubertà in poi) le zone più colpite sono viso, collo, e dorso di mani e piedi. Le eruzioni sono caratterizzate da papule e placche secche, eritematose e desquamanti, con ampie aree cutanee lichenificate; gli aspetti essudativi diventano specifici dei casi di sovrainfezione.
Le lesioni vanno incontro ad un continuo alternarsi di esacerbazioni e remissioni, e possono coesistere in diversi stadi di evoluzione nello stesso individuo. La DA è sempre intensamente pruriginosa, tanto da condizionare le attività scolastiche, il sonno notturno, e il coinvolgimento dell’intero ambito familiare. Lesioni da grattamento si sovrappongono in effetti all’eczema in quasi tutti i bambini, con la sola eccezione di quelli di età inferiore ai 3 mesi, nei quali il riflesso di grattamento non è ancora completamente sviluppato.
L’applicazione delle creme emollienti è uno dei capisaldi della terapia basale della DA, e andrebbe effettuata quotidianamente, più volte al giorno, anche nei periodi di benessere e sulla cute apparentemente sana. Sono numerose le preparazioni disponibili sul mercato adatte allo scopo, e al di là delle differenze nella composizione di ognuna, sono tutte accomunate dal fatto di essere costituite da una base idrofila nella quale sono contenuti elementi di cui la cute dall’atopico è carente, quali urea, ceramidi e vitamina E.
Per massimizzare gli effetti di questa procedura, di fondamentale importanza è applicare le creme nelle giuste quantità: a tal proposito si consiglia di adottare la regola della “finger unit”, secondo la quale la quantità di crema che sta sulla falange distale di un dito è sufficiente a ricoprire una superficie pari a quella del palmo della mano stessa.
fonte: ufficio stampa