Roma, 13 aprile 2019 – L’emofilia è una malattia rara congenita che comporta delle anomalie nei processi di coagulazione del sangue. In occasione della Giornata Mondiale dell’Emofilia, che si celebra lunedì 15 aprile p.v., abbiamo fatto il punto con il prof. Raimondo De Cristofaro, Dirigente Medico della UOS di Malattie Emorragiche e Trombotiche della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Nuove opportunità terapeutiche, mediante l’uso di un anticorpo monoclonale, l’emicizumab, che fornisce ai soggetti affetti da inibitori – soprattutto bambini – enormi benefici.
Rilevanti novità terapeutiche si prospettano per i pazienti con la patologia congenita, la XV Giornata mondiale dell’emofilia è l’occasione utile per riportare la malattia al centro del dibattito e ricordare a tutti quanto è importante la donazione di plasma. I malati di emofilia infatti, per curarsi, hanno bisogno della terapia sostitutiva, che consiste nella somministrazione del fattore della coagulazione mancante.
La rilevanza risiede soprattutto nell’introduzione di strategie terapeutiche alternative a quelle finora usate. Il classico concetto che la terapia di una malattia caratterizzata da carenza di fattore VIII (emofilia A) e IX (emofilia B) dovesse essere basata sulla ‘sostituzione’ del fattore carente è stato validato da una lunga storia di successi fin dagli anni 70 del secolo scorso.
I problemi sono nati però quando ci si è accorti che in circa un terzo dei pazienti emofilici, la terapia sostitutiva con il fattore carente causa la produzione di anticorpi contro il fattore infuso. Ciò rende inefficace la terapia – continua De Cristofaro – esponendo il paziente a complicanze emorragiche.
La novità terapeutica cui si faceva riferimento supera il concetto di terapia sostituiva mediante l’uso di un anticorpo monoclonale (prodotto in laboratorio con tecnica ricombinante), denominato emicizumab, capace di svolgere le stesse funzioni coagulative del fattore VIII, senza essere però disattivato dai famigerati inibitori.
Il farmaco è somministrato per via sottocutanea con un lungo intervallo (1 volta ogni 1-2 settimane), a differenza dei concentrati di fattore carente, somministrati per via endovenosa 2-4 volte alla settimana, ma che vengono infusi nei pazienti con inibitori tutti i giorni ad alte dosi per tentare di rendere “tollerante” il paziente al fattore di cui ha bisogno.
L’emicizumab fornisce quindi ai pazienti affetti da inibitori, quasi sempre bimbi della prima infanzia, e alle famiglie un enorme beneficio pratico. L’importanza di questo nuovo farmaco è stata prontamente recepita dall’autorità regolatoria italiana del farmaco (AIFA), che ha autorizzato l’utilizzo dell’emicizumab nei pazienti emofilici con inibitore.
Le prospettive future riguardano l’uso di tale farmaco anche nei pazienti senza inibitore insieme a una più ampia disponibilità di fattori VIII e IX modificati con tecniche di ingegneria genetica con una lunga durata nel sangue dei pazienti e quindi con più lunghi intervalli di somministrazione.
Infine, si rifletterà anche sulle prospettive della terapia genica, che sta ottenendo importanti successi nella cura dell’emofilia B, ma che sta facendo rilevanti passi in avanti anche nella cura definitiva dell’emofilia A.