Neuroblastoma, individuato nuovo inibitore che blocca la proliferazione delle cellule tumorali

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Un gruppo internazionale di ricercatori ha messo in evidenza per la prima volta lo stretto legame tra l’oncogene MYCN e la rapida produzione delle poliammine, un insieme di molecole con un ruolo cruciale nella crescita e nella proliferazione cellulare, il cui numero aumenta a dismisura nelle cellule tumorali

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Bologna, 13 febbraio 2019 – C’è un nuovo passo avanti nella lotta contro il neuroblastoma, la forma tumorale più diffusa tra quelle che colpiscono i bambini al di sotto dei cinque anni. I risultati di uno studio realizzato da un gruppo internazionale di ricerca con il sostegno di AIRC, pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, hanno individuato un nuovo possibile inibitore delle cellule tumorali.

Al centro dell’indagine degli studiosi c’è MYCN, un oncogene riconosciuto come causa principale di diversi tumori, tra cui il neuroblastoma. Mentre nelle cellule sane ci sono normalmente due coppie del gene MYCN, in quelle colpite dalla malattia se ne possono trovare tra 10 e 500. Poiché a oggi non esistono farmaci in grado di bloccare direttamente la funzione dell’oncogene, i ricercatori si sono concentrati su un’altra strada: trovare il modo di inibire i geni che sono a loro volta regolati dall’azione di MYCN.

Il ruolo delle poliammine
L’attenzione dei ricercatori si è focalizzata in particolare sulle poliammine, un insieme di molecole con un ruolo cruciale nella crescita e nella proliferazione cellulare, il cui numero aumenta a dismisura nelle cellule tumorali. Un fenomeno, questo, che per la prima volta è stato associato all’azione del gene MYCN.

“Con questo studio – spiega Giovanni Perini, docente dell’Università di Bologna e a capo di uno dei tre laboratori principali che hanno coordinato la ricerca – abbiamo messo in evidenza come l’oncogene MYCN sia capace di regolare in modo diverso più di venti geni responsabili della sintesi, degradazione e importo delle poliammine, rendendo la cellula tumorale pressoché inattaccabile”.

Il ruolo delle poliammine nella formazione del tumore era già stato evidenziato in passato, tanto che era già stato messo a punto uno specifico farmaco, il DFMO, in grado di inibire un gene direttamente coinvolto nella sintesi di queste molecole. Purtroppo però la sua azione non si è rivelata efficace poiché le cellule tumorali, quando non riescono più a produrre autonomamente le poliammine, sono in grado di attivare un meccanismo alternativo che permette di importare tali composti dall’esterno.

Una porta da bloccare
I ricercatori hanno scoperto che questo meccanismo è a sua volta guidato dall’oncogene MYCN. “Per effetto del farmaco DFMO – dice ancora il prof. Perini – l’oncogene MYCN comincia a stimolare l’espressione di un altro gene, noto come SCL3A2, che produce un trasportatore di membrana specifico per le poliammine”.

La proteina SCL3A2 è un trasportatore che funziona come una porta controllata da un buttafuori, il cui compito è riconoscere e far entrare nella cellula solo le poliammine esterne. Una volta compreso questo meccanismo, i ricercatori si sono messi al lavoro per trovare il modo di bloccare il trasportatore. E ci sono riusciti, mettendo rapidamente a punto un inibitore specifico, chiamato AMXT 1501, la cui azione arresta in modo irreversibile l’apertura della porta.

Risultati incoraggianti
Grazie a questo studio, le sostanze in grado di contrastare la proliferazione delle poliammine sono quindi diventate due: il farmaco DFMO e il nuovo inibitore AMXT 1501. La loro azione congiunta ha dato risultati incoraggianti.

“I risultati – conferma Giovanni Perini – dimostrano che se si trattano le cellule di neuroblastoma simultaneamente con DFMO e AMX 1501 queste non crescono più. Non solo, la combinazione dei due inibitori funziona molto bene anche in animali di laboratorio geneticamente modificati in modo da sviluppare il neuroblastoma”.

Negli Stati Uniti l’azione congiunta dei due inibitori è stata ritenuta così potente che è già stata impiegata sperimentalmente in pazienti adulti colpiti da tumori con alti livelli di poliammine. Inoltre la possibilità di combinare AMXT 1501 e DFMO con la chemioterapia standard potrebbe rappresentare uno strumento terapeutico efficace per il trattamento del neuroblastoma ad alto rischio.

Il protocollo di fase 1, pensato per verificare se una terapia già sperimentata negli animali sia sicura negli esseri umani, è stato condotto dall’azienda farmaceutica americana Aminex Therapeutics che ha sviluppato la molecola AMXT 1501, mentre AIRC ha sostenuto i costi degli studi di base e traslazionali.

I protagonisti dello studio
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine con il titolo “Inhibition of polyamine synthesis and uptake reduces tumor progression and prolongs survival in mouse models of neuroblastoma”. A realizzarla è stato un gruppo di oltre trenta scienziati in università e istituti di ricerca australiani, italiani, tedeschi e statunitensi.

Il gruppo dell’Università di Bologna – uno dei tre che hanno coordinato il lavoro – è composto da Stefania Purgato, Federico M. Giorgi, Giorgio Milazzo, Simone Di Giacomo e Giovanni Perini, tutti attivi al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie.

Lo studio è stato reso possibile anche grazie ad AIRC, che ha sostenuto il Principal Investigator Giovanni Perini con un “Investigator Grant” e Giorgio Milazzo con una borsa di studio triennale.

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