Torino, 16 novembre 2018 – Un team internazionale guidato da Francis Martin dell’Institut national de la recherche agronomique (INRA), del quale fanno parte anche ricercatori italiani del CNR di Torino e Perugia, dell’Università di Torino, Bologna, L’Aquila e Parma, ha sequenziato i genomi di pregiate specie di tartufo, tra cui il tartufo bianco piemontese (Tuber magnatum Pico). I risultati ottenuti, pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Ecology & Evolution, hanno permesso di decodificare il DNA di uno dei cibi più aromatici e costosi al mondo.
Il gruppo di ricerca ha analizzato i geni di un’altra pregiata varietà, il tartufo nero di Borgogna (Tuber aestivum), oltre ai tartufi del deserto (Terfezia boudieri), ai cosiddetti Pig Truffle, ovvero i tartufi consumati dai maiali (Choiromyces venosus) e alla morchella (Morchella importuna). Dall’analisi sono emerse somiglianze tra queste specie e il tartufo nero già sequenziato nel 2010 (Tuber melanosporum). In particolare, le varietà di tartufo bianco e nero hanno caratteristiche genetiche che le portano a comportarsi in modo simile riguardo all’assunzione di sostanze nutritive dal terreno e alla simbiosi con le piante.
In confronto ad altri funghi, i tartufi hanno un numero inferiore di geni che degradano le pareti delle cellule delle piante su cui vivono, rispettando dunque gli alberi che li ospitano. Inoltre, il segreto del loro aroma risiede nella regolazione di una molteplicità di geni coinvolti nella produzione di composti organici volatili che attraggono gli animali, in particolare cani e maiali.
Lo studio fa parte di un’iniziativa che intende sequenziare 1.000 genomi fungini entro cinque anni, per comprendere al meglio l’evoluzione e il ciclo di vita dei tartufi.