Fratture articolari, oltre un milione di interventi in Italia ogni anno. Trauma Meeting a Riccione

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Dott. Sebastiano Cudoni, presidente OTODI: “Non esiste una reale politica sanitaria sulla medicina specialistica ortopedica. Gli ospedali in Italia sono pochi così pure i medici e gli ortopedici, pochissimi quelli con tutte le specialità e non tutte le regioni ne sono dotate”

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Riccione, 25 ottobre 2018 – Ogni anno in Italia vengono eseguiti oltre un milione di interventi chirurgici su pazienti che hanno riportato un grave trauma come le fratture articolari e quelle esposte. Rappresentano una grande sfida per il chirurgo e un grande impegno per il paziente che, per le fratture dell’arto inferiore, dovrà astenersi dal carico per almeno 2 mesi durante i quali dovrà però eseguire esercizi di rieducazione funzionale dell’articolazione interessata per il ripristino dell’articolarità.

Di questo importante tema ne stanno discutendo in questi giorni a Riccione gli Ortopedici e Traumatologi Ospedalieri d’Italia (OTODI) in occasione dell’11esimo Trauma Meeting.

Non tutte le regioni, però, sono in grado di far fronte in maniera tempestiva a casi molto gravi, e non tutti gli ospedali sono dotati di Sistemi integrati per l’assistenza al trauma (Siat) dove vengono trattati i pazienti. Per questo, secondo i presidenti del Congresso, Domenico Tigani e Alberto Belluati, rispettivamente direttore di Ortopedia e Traumatologia all’ospedale Maggiore di Bologna e direttore di Ortopedia e Traumatologia all’ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna – è necessario investire nel settore dell’emergenza e della gestione del trauma al fine di affrontare in maniera adeguata casi complicati che necessitano interventi immediati.

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Dott. Sebastiano Cudoni

Le fratture articolari derivano da traumi ad elevata energia e sono più frequenti nei giovani, anche se sempre più frequentemente, quale effetto dell’allungamento della vita media, anche gli anziani presentano fratture articolari. In questi casi, a tutte le difficoltà di riduzione e trattamento delle fratture articolari si somma anche la scarsa qualità dell’osso. Le fasce di età più coinvolte sono quelle compresa tra i 19 e i 40 anni (80%) e quella degli ultrasettantenni (65%).

Le donne che hanno riportato gravi fratture sono state le ultrasettantacinquenni (85% dei casi), seguita dalla fascia di età 19-40 (75%). Diverso tra gli uomini, la fascia di età 19-40 anni è stata la più colpita con il 92% dei casi, seguita dalla fascia 41-54 anni con il 53% dei casi.

Gli ortopedici hanno sottolineato quanto sia indispensabile garantire l’assistenza ai pazienti in ambienti idonei e con personale con competenze multidisciplinari.

“Al fine di ridurre ricoveri inappropriati – spiegano Tigani e Belluati – è necessaria una valutazione congiunta, da parte degli specialisti, e l’adeguatezza dei percorsi assistenziali per i pazienti politraumatizzati secondo linee guida e percorsi diagnostico-terapeutici condivisi. La costituzione dei Siat in ambito regionale rappresenta la risposta a esigenze di questo tipo. In tutti i Centri specializzati italiani dovrebbero operare équipe mediche capaci di affrontare tutti gli aspetti del trattamento delle lesioni traumatiche. In questo team multidisciplinare ha un ruolo significativo il rianimatore, il chirurgo vascolare e anche il neurochirurgo specializzato nelle lesioni periferiche e i riabilitatori. Oltre, naturalmente, all’ortopedico”.

Secondo gli ortopedici di OTODI, bisogna garantire un soccorso qualificato urgente direttamente sul luogo e centralizzare i pazienti critici verso le strutture che dispongono delle migliori capacità di trattamento; esercitare un governo complessivo della recettività regionale attraverso sistemi informatici di consultazione in tempo reale dello stato di occupazione dei posti letto disponibili; nonché prevedere una forte integrazione tra tutti i suoi nodi su un territorio più o meno esteso.

Attualmente, nel territorio italiano sono attive una decina di strutture ospedaliere o universitarie dotate di Siat.
Dal Trauma Meeting di Riccione, inoltre, al quale stanno prendendo parte oltre 1.300 chirurghi ortopedici, emerge che vi sono criticità che andrebbero affrontate nell’immediato.

“Non esiste – conclude l’ortopedico Sebastiano Cudoni, presidente di OTODI – una reale politica sanitaria sulla medicina specialistica ortopedica. Gli ospedali in Italia sono pochi così pure i medici e gli ortopedici, pochissimi quelli con tutte le specialità e non tutte le regioni ne sono dotate. Da ciò consegue un’organizzazione che varia a seconda delle disponibilità di ciascuna regione. Un’organizzazione tipo web model con interazione e scambio continuo di pazienti tra i nodi della rete troverebbe campo di applicazione senza rinunciare al ruolo hub dei pochi ospedali presenti nel nostro paese. Questi devono rimanere il riferimento per il trattamento dei pazienti con lesioni complesse”.

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