Roma, 17 ottobre 2018 – A più di due mesi dall’inizio dell’epidemia di Ebola in Nord Kivu, la decima in Repubblica Democratica del Congo (RDC), la seconda quest’anno, la situazione non è ancora sotto controllo e si sono manifestati nuovi casi a più di 100 chilometri dall’epicentro. Dopo la dichiarazione dell’epidemia, il 1° agosto, Medici Senza Frontiere (MSF) ha avviato rapidamente la propria azione nell’ambito del piano di risposta del Ministero della Salute congolese.
Sebbene il conflitto in corso nella regione rappresenti un’ulteriore difficoltà per l’intervento, la risposta è stata immediata e alcune novità nell’approccio clinico stanno contribuendo a rendere l’intervento più efficace.
Il primo caso di questa epidemia è stato registrato a Mangina, una cittadina a nord-ovest di Beni. Il virus si è poi diffuso in altre parti del Nord-Kivu e ha oltrepassato il confine con la provincia di Ituri, nel Nord-Kivu settentrionale. Ad oggi sono stati segnalati 216 casi, di cui 181 confermati da test di laboratorio. 104 persone sono decedute e 57 sono guarite.
“Il numero di casi confermati di Ebola non sta aumentando vertiginosamente, ma la situazione rimane preoccupante. Vi sono pazienti confermati in grandi città come Beni e Butembo, ma anche in luoghi lontani dall’epicentro, vicino al confine con l’Uganda. Questo rende difficile contenere l’epidemia. Come tutte le epidemie di Ebola, è difficile prevedere come si evolverà ma siamo pronti a reagire e sostenere il Ministero della Salute ogni volta che si manifestano nuovi casi” dichiara Laurence Sailly, coordinatore dell’emergenza per MSF.
MSF collabora con il Ministero della Salute nei Centri di trattamento Ebola a Mangina e Butembo (Nord-Kivu) e a Tchomia (Ituri, vicino al confine con l’Uganda); quest’ultimo è stato aperto subito dopo la segnalazione di un nuovo caso confermato nell’area. MSF svolge anche attività di promozione della salute e prevenzione e controllo del contagio per proteggere le strutture sanitarie che si trovano tra le località colpite.
Alcune novità terapeutiche possono svolgere un ruolo significativo per una risposta più rapida ed efficace all’epidemia. Per esempio, ora i campioni di sangue di pazienti sospetti vengono esaminati in un laboratorio allestito all’interno degli stessi Centri di trattamento. Ciò consente alle équipe di reagire più rapidamente alle mutevoli condizioni cliniche dei pazienti.
Inoltre, per la prima volta vengono utilizzati cinque farmaci in fase di sviluppo per trattare i pazienti e la possibilità di effettuare i test in loco significa che queste nuove terapie vengono somministrate entro 24 ore dalla conferma di positività al virus. La mortalità tra i pazienti di Ebola è molto alta, pari a circa il 50%. Questi farmaci hanno la potenzialità di aumentare le probabilità di sopravvivenza.
“È molto positivo poter disporre di cinque molecole che sembrano promettenti, sebbene attualmente non esistano prove scientifiche sulla reale efficacia di questi farmaci per i pazienti di Ebola. Ma è un buon passo in avanti. Possiamo offrire ai malati di Ebola l’accesso a farmaci potenzialmente salvavita, mentre ci prepariamo a implementare una sperimentazione clinica che speriamo possa determinarne efficacia e sicurezza” ha detto Claudia Lodesani, infettivologa e presidente di MSF da poco rientrata dal Nord Kivu.
Poiché questa parte della RDC è densamente popolata e caratterizzata da frequenti movimenti di persone e scambi commerciali, è difficile identificare e tracciare tutte le catene di trasmissione attive. “Un elemento chiave per controllare con successo l’epidemia è reagire velocemente – prosegue Claudia Lodesani di MSF – Ogni volta che si manifesta un caso confermato di Ebola, una piccola équipe multidisciplinare di risposta rapida (infermiere, epidemiologo, logista, promotore sanitario, medico) viene inviata il più velocemente possibile nel luogo del nuovo focolaio per prepararsi a gestire un intervento potenzialmente più grande”. MSF ha inviato équipe simili a Luotu e Tchomia immediatamente dopo che in queste aree è stata confermata la presenza di un paziente affetto da Ebola.
Subito dopo la dichiarazione dell’epidemia sono anche iniziate le attività di immunizzazione con il vaccino per l’Ebola (rVSVDG-ZEBOV). L’OMS e il Ministero della Salute stanno vaccinando le persone che hanno avuto contatti con pazienti colpiti. Anche MSF sta vaccinando, in particolare il personale in prima linea come operatori sanitari, personale coinvolto in sepolture e figure religiose, che corrono un rischio più elevato di contrarre l’infezione. Finora è stato vaccinato un totale di 13.750 persone.
Mentre si sviluppano nuovi approcci di intervento, i tradizionali pilastri della risposta all’Ebola restano fondamentali. Poiché gli spostamenti in questa zona instabile possono essere difficili, l’individuazione rapida e il tracciamento dei contatti continuano a svolgere un ruolo importante, anche perché il frastagliato schema geografico dei nuovi casi lascia pochi dubbi sulla complessità della sfida.