SLA, motoneuroni dal sangue. Grande passo avanti della ricerca italiana

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Milano, 7 giugno 2018 – La sclerosi laterale amiotrofica (SLA), è una malattia terribile. Un puzzle genetico e ambientale che sfida la ricerca neurologica. Fino ad oggi studiabile attraverso i pazienti, il loro DNA, il siero, il liquor, su cui si sono fatti notevoli progressi.

Oggi si aggiunge però una nuova importantissima possibilità: studiare il bersaglio principale della malattia, i motoneuroni in coltura, quindi in laboratorio. Sono loro, i motoneuroni, le cellule che progressivamente, ad ogni livello, controllando ogni genere di movimento muscolare, compreso quello respiratorio, cessano di “funzionare”. Con esito fatale.

Assieme alla ricerca genetica sulla SLA, si aggiunge ora la possibilità di studiare in laboratorio i motoneuroni dei soggetti malati confrontandoli con quelli delle persone sane. È con questo nuovo strumento che si potrà avanzare nella ricerca per portare una soluzione pratica ai malati di SLA. In pratica, i ricercatori italiani hanno dimostrato la possibilità di ottenere motoneuroni da un semplice, e perciò ripetibile, prelievo di sangue.

Lo studio italiano, pubblicato da Stem Cell Research, è stato condotto presso il Laboratorio di Neuroscienze dell’Irccs Istituto Auxologico Italiano e relativo alla riprogrammazione in cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) di cellule somatiche adulte con il loro successivo differenziamento in cellule motoneuronali.

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Prof. Vincenzo Silani

La novità di questa ricerca consiste nel fatto che si è scelto di utilizzare come materiale di partenza cellule emopoietiche, cioè del sangue, del paziente invece dei fibroblasti cutanei più comunemente utilizzati, approccio giustificato dalla scarsa invasività della procedura che prevede un prelievo di sangue periferico, con possibilità quindi di replicare senza problemi l’ approvvigionamento di cellule dallo stesso paziente.

“I motoneuroni ottenuti sia da un paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) che da un controllo”, afferma la ricercatrice Patrizia Bossolasco del Laboratorio di neuroscienze dell’Auxologico che ha firmato il lavoro accanto a Francesca Sassone, Valentina Gumina, Silvia Peverelli e Maria Garzo, “rappresentano la prima evidenza in assoluto di potere studiare cellule motoneuronali differenziate in vitro ottenute dal circolo periferico”.

“L’evidenza sperimentale costituisce una vera e propria prova di principio”, aggiunge Vincenzo Silani, primario di neurologia dell’ Istituto Auxologico Italiano – Centro Dino Ferrari Università degli Studi di Milano, di cui è professore ordinario, “che conferma il nostro impegno a definire i meccanismi di malattia sulle cellule dello stesso paziente”.

Le iPSCs, sviluppate da Shin’ya Yamanaka e per le quali è stato insignito del premio Nobel per la medicina nel 2012, consentono di ottenere cellule staminali con caratteristiche del tutto paragonabili a quelle embrionali, partendo però da cellule adulte e nel caso specifico dalla cute. Queste cellule sono quindi prive di tutte le limitazioni etiche correlate all’utilizzo di embrioni.

Le iPSCs possono essere successivamente differenziate in qualsiasi tipo cellulare, rivelandosi quindi un efficacissimo modello di studio in vitro. Sono particolarmente utili per studiare le malattie neurodegenerative in quanto la possibilità di ottenere cellule neuronali patologiche per studi in vitro da soggetti vivi è pressoché nulla senza procedure invasive.

In questo studio, nel quale sono state riprogrammate cellule periferiche da un paziente affetto da SLA, sono state differenziate cellule motoneuronali che hanno mantenuto le caratteristiche biomolecolari del paziente, portatore di una mutazione patogenetica nel gene TARDBP (p.A382T).

“La proteina codificata mutata TDP-43 – spiega la dott.ssa Bossolasco – è risultata essere preferenzialmente localizzata nel nucleo ma con tendenza alla delocalizzazione nel citoplasma rispetto al controllo, potenzialmente avviando il processo neurodegenerativo motoneuronale ben conosciuto nel paziente”.

“Questo notevole risultato – prosegue il Vincenzo Silani – testimonia la nostra perseveranza nel voler ottenere un modello cellulare in vitro da accostare al paziente: nel 1998 avevamo firmato la prima evidenza di un possibile isolamento di motoneuroni umani utilizzando metodiche di separazione cellulare per il recettore al Nerve Growth Factor (NGF) o p75-NGF-R, ed ora apriamo un nuovo scenario per individuare molecole potenzialmente attive sullo stesso paziente che abbiamo in studio. La raccolta di biomarcatori oggi si arricchisce, quindi, di cellule che potranno condurci ad una terapia personalizzata e più efficace”.

Insieme ad un numero sempre crescente di pubblicazioni scientifiche riguardanti le iPSCs, questo lavoro contribuisce a dimostra la validità di un modello in vitro e ad avvalorare le infinite prospettive future per lo studio di numerose patologie.

L’Irccs Istituto Auxologico Italiano vanta una vasta esperienza di staminologia che oggi si arricchisce di un nuovo efficace modello grazie al perseverante impegno dei ricercatori, volti all’ obbiettivo di trovare strumenti funzionali alla definizione della miglior terapia non solo per la SLA ma per le malattie neurodegenerative più in generale quali le demenze e le malattie extrapiramidali.

“La così raggiunta possibilità di ottenere cellule staminali totipotenti dal sangue periferico del paziente – conclude Vincenzo Silani – rappresenta una opportunità senza precedenti di ottenere cellule poi differenziabili in ogni fenotipo cellulare necessario senza limitazione di prelievo: il paziente potrà fornire tutte le volte necessarie un prelievo di sangue. I fenotipi cellulari potranno essere programmati: se saranno necessarie cellule neuronali, potremo pianificare tutti i sottotipi necessari ma ciò vale anche per gli oligodendrociti, gli astrociti, e così via. Non ultima la possibilità di ottenere organoidi, cioè degli agglomerati tridimensionali di cellule a mimare un organo, come la attuale letteratura ci inizia a dimostrare. Per la ricerca del nostro gruppo che mira a comprendere i meccanismi patogenetici della SLA come di altre patologie neurodegenerative la possibilità di ottenere con facilità cellule neuronali dal paziente rappresenta una opportunità senza precedenti di studio anche per possibili terapie personalizzate nel singolo paziente. Si conclude così il progetto che avevamo in animo da tempo di apprestare una biobanca di cellule relative ai nostri pazienti che possa essere utilizzata unitamente a loro DNA, siero, liquor per decifrare la patogenesi della malattia nel singolo paziente”.

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