La qualità di vita determini il valore dei nuovi farmaci. L’approvazione centrale in Europa elimina le differenze territoriali. Il prof. Francesco De Lorenzo, presidente FAVO: “Non basta solo la determinazione dell’efficacia clinica. Una terapia sarà innovativa per 850 milioni di cittadini del Continente seguendo gli stessi principi”
Roma, 17 maggio 2018 – L’impatto sulla qualità di vita di un paziente deve costituire un parametro fondamentale per stabilire il valore di un nuovo farmaco anticancro. Non basta più la determinazione dell’efficacia clinica. Si tratta di un processo inevitabile a fronte di quanto previsto dalla proposta del Regolamento europeo sull’Health Technology Assessment (HTA), presentata a gennaio 2018 a Bruxelles, con importanti ripercussioni anche nel nostro Paese. Potranno infatti essere superate in questo modo le difformità nell’accesso alle terapie anticancro salvavita ancora presenti nel nostro territorio.
La proposta prevede l’istituzione di un Gruppo di Coordinamento (Coordination Group) di esperti nazionali indicati dagli Stati Membri, per realizzare le attività necessarie all’armonizzazione delle modalità di valutazione oggi in uso. L’auspicio è che il legislatore nazionale, sulla scia di quello europeo, indichi chiaramente l’ente deputato allo svolgimento delle procedure di HTA.
Il richiamo è contenuto nel X Rapporto sulla condizione assistenziale dei pazienti oncologici, presentato oggi al Senato nel corso della XIII Giornata nazionale del malato oncologico, organizzata da FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia). “L’accesso all’assistenza farmaceutica in ambito oncologico – afferma il prof. Francesco De Lorenzo, presidente FAVO – costituirà un vero e proprio banco di prova per i decisori politici, chiamati a gestire contemporaneamente più di un fattore di complessità: da un lato l’innovazione farmaceutica ha completamente cambiato l’esito di molti tipi di neoplasie, dall’altro il costo dei nuovi farmaci oncologici, unito all’impatto sociale della malattia, rischia di compromettere la tenuta economica dei sistemi sanitari. Oggi in Italia, accanto al Servizio Sanitario Nazionale, convivono 19 Regioni e 2 Province autonome, che presiedono altrettanti comitati che valutano il recepimento del farmaco nelle strutture sanitarie del loro territorio”.
“I Prontuari terapeutici locali di fatto aggiungono uno step nell’iter, già di base lungo, di approvazione e recepimento del nuovo farmaco, prima che quest’ultimo sia realmente disponibile per il paziente – sottolinea il prof. Giordano Beretta, presidente eletto AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) – Assistiamo a situazioni in cui l’accesso a una terapia è possibile per pazienti di una Regione ma non per quelli di una Regione contigua. Realtà inaccettabili, se pensiamo soprattutto ai farmaci oncologici, per cui un accesso omogeneo sul territorio costituisce un aspetto di fondamentale importanza per l’efficacia e l’equità del trattamento”.
“Inoltre la riduzione progressiva dei budget delle aziende ospedaliere può porre gli oncologi di fronte a scelte etiche fra allocazione delle risorse disponibili e scelta delle terapie – prosegue Beretta – Compito dell’oncologo è comunque anche quello di operare con oculatezza preferendo, a parità di efficacia, trattamenti a minor impatto economico, senza ricorrere a tutti i costi a nuovi farmaci il cui reale beneficio sia limitato e l’impatto sui costi non giustificato da una vera utilità per il paziente. Per tali motivi è importante coinvolgere da un lato le Associazioni dei pazienti, per un’azione congiunta che aiuti a sburocratizzare il sistema e a incentivare una corretta politica dei prezzi dei farmaci, dall’altro i pazienti, che devono avere un ruolo nelle scelte terapeutiche, consapevoli dei reali benefici ottenibili”.
“Questa frammentazione regionale, che a cascata si può determinare addirittura a livello di singolo ospedale, è stata oggetto negli ultimi tempi di numerosi ricorsi a livello amministrativo e di proposte di intervento normativo – continua l’avv. Elisabetta Iannelli, segretario FAVO – L’arrivo di un Regolamento, che affermi un’armonizzazione della valutazione tra i vari Stati Membri a livello europeo, contribuirà a omogeneizzare i lavori delle Regioni nel recepimento dei farmaci. Non solo dunque di quelli dichiarati innovativi (in base alle risorse disponibili) ma anche delle terapie che hanno un carattere di innovatività importante e legato al miglioramento della qualità di vita dei pazienti, ma che non vengono definite tali dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Come conseguenza del Regolamento, si dovrebbe quindi assistere ad un cambiamento a livello regionale che vada nella direzione di un accesso alle cure più omogeneo su tutto il territorio italiano”.
La proposta di Regolamento sarà esaminata dal Parlamento e dal Consiglio europeo (si prevede un’approvazione del European Parliament’s Committee on Employment and Social Affairs – EMPL entro l’11 luglio 2018, per poi essere approvata definitivamente tra settembre e dicembre 2018 dal Parlamento Europeo).
In seguito alla sua pubblicazione, entrerà in vigore negli Stati Membri ed implementerà i suoi effetti attraverso un graduale e progressivo incremento delle attività di lavoro congiunto entro i tre anni successivi, per poi funzionare a regime.
“La valutazione dell’impatto di un farmaco sulla qualità di vita del malato implica profili etici, sociali, ed economici – sottolinea l’avv Iannelli – Questo valore è misurabile attraverso la metodologia dell’Health Technology Assessment, l’unica in grado di integrare in un unico processo valutativo tutti questi aspetti. Il miglioramento della qualità della vita del paziente è legato, ad esempio, a una modalità di somministrazione più agevole e che renda l’aderenza al trattamento più elevata, aspetto che, proprio attraverso le associazioni di pazienti, andrebbe indagato in maniera più approfondita e con strumenti di misurazione fondati su robuste basi scientifiche. Il riconoscimento centralizzato a livello europeo del ‘valore’ di un nuovo farmaco diventa quindi il perno centrale delle attività di HTA della Comunità europea”.
“Un farmaco sarà quindi innovativo per 850 milioni di cittadini europei, nello stesso modo, seguendo gli stessi principi – conclude il prof. De Lorenzo – Un ulteriore passo sarà il riconoscimento del prezzo di vendita uniforme sul territorio europeo. Inoltre, in linea con l’autonomia riscontrata a livello europeo della Commissione centrale rispetto all’agenzia regolatoria (EMA), anche in Italia deve essere istituito un ‘ente terzo’ rispetto all’AIFA, deputato alle procedure di HTA, evitando possibili conflitti di interesse”.