Bologna, 23 aprile 2018 – Cambia la sanità, cambia l’assistenza ai cittadini, cambia di conseguenza anche il ruolo del fisioterapista. Non più soltanto uno specialista della riabilitazione, ma anche l’attore principale quando si tratta l’argomento prevenzione, sempre più d’attualità con le trasformazioni della società e l’insorgenza sostenuta di malattie croniche tipiche di una aumentata aspettativa di vita.
Una discussione che procede di pari passo con quella relativa all’introduzione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza, definiti con l’introduzione del Dpcm del 12 gennaio 2017 ma ancora sulla difficile strada del recepimento e dell’attuazione.
“Serve lo sviluppo di nuovi modelli che differiscano dall’unica risposta conosciuta finora, ovvero quella della cura all’acuzie”, spiega il presidente dell’AIFI, Mauro Tavarnelli, durante il convegno sul tema che si è tenuto a Bologna nell’ambito di Exposanità, la mostra internazionale della sanità e dell’assistenza.
La discussione, organizzata dalla sede dell’Emilia-Romagna dell’Associazione italiana fisioterapisti, e’ servita dunque a ribadire “la necessità di un accesso diretto alla nostra figura tramite il superamento del modello ospedalocentrico”, tiene a sottolineare Tavarnelli. E invece “una visione di tipo burocratico sta penalizzando l’approccio multidisciplinare nel trattamento dei pazienti, con il risultato di parcellizzare le cure”, rincara Vincenzo Manigrasso, dirigente delle Professioni sanitarie della riabilitazione al Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.
Dunque come sta proseguendo la discussione? Due sono i livelli di analisi, che tengono conto sia delle esigenze e delle richieste dei cittadini, sia dei rilievi di tecnici e politici.
Il punto di vista dei cittadini
“Stiamo scontando enormi ritardi nel recepimento dei nuovi Lea – spiega Tonino Aceti, coordinatore nazionale di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato – Oltretutto esiste un problema di disponibilità di risorse economiche, derivata anche dalla mancata determinazione delle risorse”.
Questo si ripercuote in una “situazione disomogenea tra regione e regione”: al contrario, sarebbe auspicabile “ancorare il percorso riabilitativo dei pazienti in base al loro reale bisogno e non alle risorse erogate”.
Dunque per Aceti “ben venga l’accesso diretto al fisioterapista, che potrebbe abbattere i costi delle cure e i tempi di applicazione. Credo infatti che potrebbe salvarci il poter utilizzare al meglio le risorse interne di cui disponiamo, mettendole al servizio della collettività”.
Fisioterapisti arma vincente
Ed è proprio questo cambio di passo a vedere impegnati in prima linea i fisioterapisti. “Da tempo stiamo portando avanti il concetto che la presa in carico diretta da parte del fisioterapista crei vantaggi ai cittadini – evidenzia Tavarnelli – In minor numero di visite, minori costi derivati da ticket e diminuzione delle liste d’attesa, generando benefici di conseguenza anche al Sistema nazionale grazie a una vera razionalizzazione delle risorse”.
Per questo “crediamo che la vera sfida e l’atto di coraggio che deve compiere la politica oggi vadano in questa direzione. Il fisioterapista può diventare una figura cardine nel passaggio tra presa in carico in ospedale e sul territorio: noi la chiamiamo fisioterapia d’iniziativa e vede il cittadino e il fisioterapista collegati direttamente, come deve avvenire ad esempio nelle Case della Salute. L’arma vincente – conclude il presidente di AIFI – è dunque avvicinarsi ai bisogni dei cittadini, evitare la fase acuta e gestire la cronicità”.