Ictus e recupero del deficit neurologico. Finestra terapeutica delle 24 ore apre nuovo fronte nella cura

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A cura del prof. Danilo Toni Associato in Neurologia, Direttore Unità di Trattamento Neurovascolare Policlinico Umberto I di Roma. “L’opportunità di intervenire con trattamenti di rivascolarizzazione potrà essere valutata con finestre terapeutiche individuali, secondo il principio della medicina di precisione”

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Milano, 13 marzo 2018 – L’ictus cerebrale è la prima causa di invalidità, la seconda di demenza e la seconda di mortalità nei Paesi occidentali. Già dalla fine degli anni ‘70 era noto, da studi effettuati su animali, che a seguito della chiusura di un’arteria cerebrale si poteva evidenziare un’area di tessuto cerebrale con un flusso sanguigno residuo incompatibile con la sopravvivenza (core ischemico) ed un’area più ampia di tessuto con flusso sanguigno residuo che consentiva la sopravvivenza ma non la normale funzionalità (penombra ischemica). Quest’area di penombra non sopravviveva a tempo indeterminato, ma in media 4-6 ore che rappresentavano la finestra terapeutica per cercare di impedire al tessuto cerebrale di andare incontro alla definitiva necrosi.

Ma abbiamo dovuto attendere la fine degli anni 90 e i primi anni 2.000 per dimostrare l’efficacia della trombolisi intravenosa, ovvero della somministrazione di un farmaco chiamato rt-PA, nel risparmiare il tessuto cerebrale in penombra e favorire un recupero più o meno completo del deficit neurologico.

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Prof. Danilo Toni

Nel 2015, poi, sono stati pubblicati i risultati di 5 trial che hanno dimostrato che l’asportazione meccanica per via endovascolare del trombo occludente un’arteria cerebrale, specie se effettuata dopo la somministrazione di rt-PA, era molto efficace per il recupero della normalità in pazienti con occlusione di grandi arterie intracraniche. La finestra terapeutica ottimale per il trattamento era in media di 5-6 ore.

Tuttavia, già da diversi anni era evidente che la durata media della finestra terapeutica era un’astrazione statistica e che c’era la possibilità di individuare pazienti con finestre terapeutiche più lunghe, anche di diverse ore. Si è quindi passati dal concetto di finestra temporale a quello di finestra tessutale, ovvero di una finestra di opportunità terapeutica individuale essenzialmente legata all’efficienza dei circoli collaterali che apportano sangue al cervello in penombra.

E due trial pubblicati a gennaio e febbraio di quest’anno sul New England Journal of Medicine hanno dimostrato la possibilità di sfruttare al meglio la finestra terapeutica individuale.

Nel trial DAWN (DWI or CTP Assessment with Clinical Mismatch in the Triage of Wake-Up and Late Presenting Strokes Undergoing Neurointervention with Trevo) pazienti con occlusione della carotide interna intracranica o del tratto prossimale dell’arteria cerebrale media sono stati randomizzati a trombectomia meccanica o trattamento standard, entro 6-24 ore dall’ultima volta in cui erano stati visti in condizione normalità. I pazienti sono stati randomizzati in base alle seguenti variabili:

  • gruppo A: età ≥80 anni con punteggio NIHSS ≥10 e volume infartuale < 21 ml
  • gruppo B: età < 80 anni con punteggio NIHSS ≥10 e volume infartuale <31 ml
  • gruppo C: età < 80 anni con punteggio NIHSS ≥20 e volume infartuale fra 31 e 51 ml

La NIHSS è una scala per la quale il punteggio 0 corrisponde ad un esame neurologico normale e più alto è il punteggio più grave è il quadro clinico. Il volume infartuale è stato valutato con risonanza magnetica con sequenze in diffusione (RM DW) o con TC di perfusione ed è stato calcolato con un software automatico.

Il trial Endovascular Therapy Following Imaging Evaluation for Ischemic Stroke (DEFUSE 3) ha randomizzato a trombectomia meccanica o terapia standard, pazienti con ictus ischemico acuto esordito fra 6 e 16 ore dall’ultima volta in cui erano stati visti in condizione normalità. Criteri di inclusione principali erano un’occlusione dell’arteria cerebrale media prossimale o dell’arteria carotidea interna, un volume iniziale dell’infarto inferiore a 70 ml e un rapporto volumetrico fra core ischemico e penombra uguale o superiore a 1.8.

Core ischemico e penombra sono stati valutati con TC di perfusione o con risonanza magnetica con sequenze in diffusione e perfusione e calcolati con un software automatico.

Entrambi i trial hanno dimostrato l’efficacia del trattamento endovascolare fino a 16-24ore dal teorico esordio dell’ictus nel consentire un recupero funzionale a tre mesi dal trattamento, a fronte di un rischio di complicanze emorragiche e di mortalità comparabile a quello del trattamento standard.

Si apre quindi un fronte nuovo nel mondo della cura dell’ictus cerebrale ischemico, nel quale l’opportunità di intervenire con trattamenti di rivascolarizzazione potrà essere valutata con finestre terapeutiche individuali, secondo il principio della medicina di precisione.

La selezione dei possibili candidati al trattamento, comunque, richiede il ricorso a tecniche di neuroimmagini avanzate come la TC di perfusione o la risonanza magnetica con sequenze in diffusione e perfusione e il calcolo dei volumi lesionali e delle aree di ipoperfusione attraverso software automatizzati.

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