Guida AIFI per futuri fisioterapisti, il giusto percorso universitario

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Roma, 10 marzo 2018 – Università all’estero, titoli di studio conseguiti oltreconfine, tirocini svolti in Italia: come orientare gli studenti che stanno per compiere scelte fondamentali per la loro professione e, dunque, per la loro vita? La questione genera parecchia confusione, perché di solito i percorsi effettuati in altri Paesi non sono spendibili nel nostro, o addirittura vengono considerati non validi, costringendo a intraprendere ulteriori strade formative. Per questo l’AIFI, l’Associazione italiana fisioterapisti, vuole fare chiarezza compilando una breve guida per i futuri colleghi.

Prima di tutto va ricordato che la legge 4 del 1999 prevede la cosiddetta ‘filiazione’, secondo cui “università o istituti superiori di insegnamento a livello universitario aventi sedi nel territorio di Stati esteri ed ivi riconosciuti giuridicamente quali enti senza scopo di lucro possono svolgere in Italia parte dei propri corsi (intesi come materie, e non interi corsi di laurea, compresi i periodi di tirocinio) se prima dell’inizio della loro attività in Italia trasmettono al ministero dell’Università, al ministero dell’Interno e al ministero degli Esteri “copia dell’atto con cui è stato deliberato l’insediamento in Italia, copia dello statuto e ogni altra documentazione legalizzata dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana competente per territorio”.

L’attività della filiazione è autorizzata con decreto del ministro dell’Università e si intende concessa trascorsi 90 giorni dal ricevimento della comunicazione”.

Solo in questo caso, autorizzata cioè la filiazione, un Ateneo è legittimato a far svolgere il tirocinio formativo presso le strutture sanitarie italiane: in caso contrario, il tirocinio svolto potrebbe non essere valutato come utile ai fini didattici. Ne conseguirebbe l’impossibilità per il titolo formativo rilasciato dall’Università di ambire al riconoscimento perché non sufficientemente in grado di attestare “un livello di qualifica professionale equivalente al livello immediatamente precedente a quella prevista dalle normative nazionale”.

Allo stesso modo va ricordato che le strutture sanitarie utilizzate dall’Università straniera devono essere convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, pena la non riconoscibilità del titolo.
Attualmente, sulla base delle informazioni diffuse dall’apposita Conferenza di Servizi istituita presso il ministero della Salute, risulta che nessuna università abbia richiesto la necessaria autorizzazione.

Inoltre, alcuni Consolati e Ambasciate italiane all’estero hanno dichiarato con certezza che i periodi di tirocinio svolti in Italia, in assenza dell’autorizzazione prescritta, sono da considerare al di fuori del curriculum di studi: ne consegue che il monte ore del percorso di studi è inferiore a quello previsto in Italia, il che rappresenta presupposto per applicare una misura compensativa, ovvero un ulteriore periodo di tirocinio o il superamento di una prova di esame, per i quali deve essere corrisposta una somma che varia in relazione alla misura compensativa applicata.

In alcuni casi, le Autorità competenti del Paese di origine del titolo (ovvero le istituzioni che hanno la competenza su quella specifica professione) hanno dichiarato che determinate Università (private) non hanno avuto l’autorizzazione neanche nel Paese di origine. Le situazioni più critiche riguardano al momento università della Repubblica Ceca, dell’Ungheria, della Slovenia e della Spagna.

Neanche l’Unione europea segue una strada univoca: nel caso della professione del fisioterapista, infatti, le Direttive comunitarie sul riconoscimento dei titoli non prevedono un riconoscimento automatico. L’istanza deve quindi essere presentata al ministero della Salute, che valuterà ogni singolo caso per la decisione finale, così come previsto dalle normative.

Per concludere, AIFI raccomanda estrema attenzione nella scelta dell’università, considerati anche gli elevati costi da affrontare. Ecco perché il consiglio è quello di richiedere informazioni dettagliate alle Autorità competenti (di solito i ministeri della Sanità), per verificare che le università in questione siano effettivamente riconosciute come tali ed autorizzate, e che la formazione non preveda un titolo il cui percorso formativo viene svolto in un terzo Paese.

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