Pisa, 8 febbraio 2018 – II mio bambino ha 2 anni e non parla, cosa devo fare? Questa è una domanda che molti genitori si pongono quando i loro bambini nel secondo e terzo anno di vita non parlano ancora o dicono poche parole. Il ritardo di comparsa del linguaggio rappresenta uno dei più frequenti motivi di consultazione clinica nei primi anni di vita, essendo un fenomeno che si manifesta in circa il 10%-15% dei bambini di questa età.
Anche se in molti casi il ritardo viene superato spontaneamente, senza difficoltà, non sempre è giustificato un atteggiamento di attesa, in quanto in età precoce il ritardo del linguaggio può sottendere problemi evolutivi diversi quali ad es. disturbi emotivi, cognitivi e comunicativo-relazionali.
Se un bambino tra 2 e 3 anni parla poco o male è quindi consigliabile consultare uno specialista dello sviluppo quale il neuropsichiatra infantile, per cercare di individuare i motivi alla base del ritardo.
La ricerca degli ultimi 20 anni ha messo in evidenza che anche i bambini che presentano come unico problema un ritardo del linguaggio, i cosiddetti “parlatori tardivi” (late talkers secondo la letteratura anglosassone) costituiscono una popolazione a rischio per difficoltà di linguaggio, disordini emozionali e successivi problemi di apprendimento.
Il convegno “Inquadramento clinico e percorsi di trattamento nel bambino con ritardo del linguaggio nei primi tre anni di vita”, organizzato dai responsabili scientifici, la dott.ssa Anna Maria Chilosi neuropsichiatra infantile e la dott.ssa Renata Salvadorini logopedista, dell’IRCCS Fondazione Stella Maris nei giorni di venerdì e sabato 9-10 Febbraio, a Pisa presso l’Hotel Galilei si occuperà di delineare le prassi migliori per identificare e intervenire in questi casi. Interverranno i massimi esperti nazionali del settore a cui spetterà il compito di inquadrare da un punto di vista multidisciplinare il problema della diagnosi precoce dei disturbi del linguaggio e della comunicazione e della eventuale presa in carico riabilitativa.
Problemi così complessi non possono essere affrontati da un unico specialista soprattutto in una età in cui i processi di sviluppo sono strettamente legati e con alto potenziale di modificabilità grazie ai meccanismi della plasticità cerebrale, che appare sfruttabile appieno per evitare sequele successive.