Roma, 8 febbraio 2018 – “Il tema delle mutilazioni genitali femminili e’ diventato di grande attualità soprattutto dopo i grandi flussi migratori avvenuti in Italia, dove ormai vivono tante donne che le hanno subite, moltissime addirittura nel nostro Paese. Cosa può fare l’ordine dei medici in questo senso? Innanzitutto informare gli operatori su quello che potrebbero ritrovarsi davanti nella loro quotidiana attività professionale, ma anche formarli su come creare le condizioni per un dialogo con queste donne e cercare di venire loro incontro”.
Così il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi, in occasione del convegno dal titolo “Assistenza sanitaria per portatrici di Mutilazioni genitali femminili in Europa”, organizzato al Cnr dal Comitato unico di garanzia, presieduto da Gabriella Liberati, con l’Associazione internazionale ‘Karol Wojtyla’.
“Tra le altre cose – ha proseguito Magi – in Italia ci sono dei centri di eccellenza per quanto riguarda la parte della ricostruzione non solo estetica, ma anche funzionale delle parti mutilate. Ed è importante che i nostri medici sappiano indirizzare queste donne nei giusti centri di riferimento”.
In questo processo di formazione e informazione dei camici bianchi sulle Mgf, secondo Magi dovrebbero essere coinvolti “sia i medici di medicina generale sia soprattutto i ginecologi – ha sottolineato – ma non solo loro: anche gli urologi intervengono molto spesso su questo tipo di problematica, tanto è vero che molte complicazioni sono proprio di natura urologica. Quando per esempio c’è una ricucitura nelle parti intime, questa può creare uno scarso passaggio di urine ed un ristagno delle stesse – ha concluso il presidente dell’Omceo Roma – quindi portare ad un’infezione urinaria”.
“Non si conosco i numeri precisi di questo fenomeno. Ho sentito parlare di 80mila donne mutilate. Spero che in Italia ci sia presto uno studio serio, anche perché le mutilazioni genitali femminili non sono tutte uguali. Bisogna capire infatti che tipo di amputazione o danno ha subito la donna, per sapere che conseguenza avremo dopo, sia dal punto di vista sociale sia sanitario. E questo è importantissimo per cercare di iniziare a studiare l’argomento in maniera seria. Smettiamola di parlarci addosso e creiamo al più presto un gruppo di lavoro”.
È l’appello lanciato dal presidente di Amai (Associazione medici Arabi in Italia), e consigliere dell’Ordine dei medici di Roma, Musa Awad Hussein, in occasione del convegno “Il tema delle mutilazioni genitali femminili – ha proseguito Awad – deve interessare anche l’Italia perché ha delle ripercussioni sul Servizio sanitario nazionale. Un tumore al collo dell’utero, per esempio, costa tanto al Ssn e riuscire a prevenirlo farebbe risparmiare il sistema. Così come le donne che hanno perso le grandi o le piccole labbra possono avere problematiche di carattere sanitario, come infezioni o neoplasie, per cui alla fine ‘ci tornano indietro’ come problema sul sanitario nostro. Ma anche l’aspetto sociale è serio ed ha un peso importante… Chi se ne deve occupare? Tutti, in primo luogo il medico e il ginecologo, per quanto riguarda la prevenzione e la cura, ma anche lo psicologo, il sociologo e l’ostetrica”.
Il presidente di Amai è tornato poi sulla questione dei numeri: “Dobbiamo sapere quante sono queste donne e che danno hanno avuto – ha sottolineato – per capire come muoverci nel futuro. È importantissimo quindi creare un centro studi che si occupi della tematica in modo serio. Anche perché è chiaro che se i danni della mutilazione sono minimi, la donna avrà ripercussioni psicologiche importantissime ma a livello sanitario molto di meno se invece ha avuto danni anatomici gravi, ci saranno conseguenze serie da tutti i punti di vista”.
Anche per questo Awad ha lanciato la proposta che l’Omceo Roma, di cui è consigliere, si faccia promotore, anche a livello nazionale, di un questionario da sottoporre ai medici per avere un reale monitoraggio del problema.