Trapianto di midollo pediatrico aploidentico con tecnica innovativa all’Aou pisana

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Pisa, 10 gennaio 2018 – Una bambina affetta da trombocitopenia congenita amegacariocitica, una rara malattia genetica a prognosi infausta il cui unico trattamento curativo è rappresentato dal trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche, è stata sottoposta con successo a Pisa al trapianto di cellule staminali HLA aploidentico [1] e ora è in buone condizioni di salute. Già dopo 15 giorni dal trapianto la piccola ha ottenuto un  recupero completo della funzione ematologica che ha permesso una dimissione precoce senza presentare ad oggi complicanze degne di nota.

Naturalmente il percorso post trapianto è ancora lungo ma le sue attuali condizioni cliniche rendono ottimista tutto lo staff sanitario che l’ha seguita. La bambina, originaria del Marocco, è giunta a Pisa, nell’Unità operativa di Oncoematologia pediatrica dell’Aou pisana – diretta dalla dottoressa Gabriella Casazza – circa un anno fa e, una volta completato l’inquadramento diagnostico, è emerso che non disponeva di donatori HLA compatibili, né fra i familiari né fra i volontari da reperire nelle banche di midollo osseo.

È stato così deciso di sottoporla, nel novembre scorso, a trapianto di cellule staminali HLA aploidentico utilizzando le cellule di uno dei due genitori (in questo caso il padre), immunogeneticamente compatibile solo per il 50%con la propria figlia.

Ogni trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche è una procedura che comporta sempre il rischio di mortalità e di sviluppo di altre patologie. Inoltre, l’utilizzo di queste cellule senza alcuna manipolazione rischiava di causare gravi complicanze, ma era una strada da tentare comunque, per avere qualche possibilità curativa in più.

Per tale motivo nella procedura di trapianto – che è stato realizzato dalla dottoressa Mariacristina Menconi, responsabile del Centro trapianti dell’Unità operativa di Oncoematologia pediatrica – sono stati coinvolti il Laboratorio dell’Unità operativa di Ematologia – diretta dal professor Mario Petrini – di cui è responsabile la dottoressa Maria Rita Metelli, per effettuare le determinazioni citofluorimetriche necessarie per la procedura trapiantologica e il Laboratorio di criopreservazione e manipolazione cellulare dell’Unità operativa di Medicina trasfusionale e biologia dei trapianti – diretta dal dottor Fabrizio Scatena – di cui è responsabile la dottoressa Maria Bulleri, per eliminare dall’inoculo le cellule dannose responsabili dello sviluppo di complicanze legate all’aggressione da parte di cellule del donatore sui tessuti del ricevente, lasciando elevate quantità di linfociti e cellule Natural Killer capaci di proteggere la bambina da infezioni severe.

Questa innovativa tecnica trapiantologica è stata finora utilizzata a Pisa su 23 pazienti affetti da patologie rare, spesso fatali che, non disponendo di un donatore HLA compatibile, hanno comunque potuto beneficiare di una chance di guarigione definitiva.

[1] donatore familiare HLA-identico: fratello che ha ereditato dai genitori gli stessi cromosomi su cui sono codificati i geni di istocompatibilità. La probabilità che due fratelli siano HLA-identici fra loro è del 25%;

donatore non familiare HLA-identico: volontario sano iscritto nel registro dei donatori di midollo. La probabilità di trovare un donatore compatibile nel registro varia a seconda dell’etnia ed è intorno al 40%. Oltre a donatori volontari adulti, negli ultimi anni c’è la possibilità di ottenere cellule staminali anche dalle unità di sangue cordonale raccolte alla nascita e criopreservate;

donatore familiare HLA-aploidentico: parente che ha in comune almeno uno dei due cromosomi su cui sono codificati i geni di istocompatibilità (aplotipo). Sono sempre aploidentici i genitori e i figli; la probabilità che un fratello sia aploidentico è del 50%.

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