Terribile risulta essere la sindrome fetale alcolica, dovuta ad effetti diretti dell’alcol che passa facilmente attraverso la placenta
Sempre più il milieu socioculturale ci impone regole e abitudini non del tutto corrette soprattutto per il nostro organismo che talvolta risponde con un mal funzionamento degli interi meccanismi fisiologici. Il cervello è l’organo che ci fa interagire con il mondo sia interno che esterno: non pochi sono i nutrienti che riescono a interferire con la normale funzione del sistema nervoso e al vertice di tutti si trova l’alcol, i cui effetti vengono spesso dimenticati soprattutto dalle nuove generazioni o da chi ama stare in compagnia.
L’alcol è una sostanza che si usa quasi sempre a scopo voluttuario, così come possono essere usate altre sostanze d’abuso quali nicotina o cannabis, oppure droghe più pesanti: cocaina o eroina.
L’alcolismo primario si distingue dal secondario in quanto si assiste solo ad un disturbo del comportamento dell’individuo che modifica il suo stile di vita avente come unico obiettivo l’ottenimento dell’alcol; mentre l’alcolismo secondario è quando il primario si associa anche ad un’altra patologia. Spesso si tratta di individui affetti da disturbo dell’umore di tipo maniaco-depressivo, che vanno dalla depressione più nera all’eccitamento maniacale più incontenibile, che non riposano mai e affermano di non aver bisogno neppure di mangiare. Oppure ci possono essere casi di individui ansiosi o insicuri, che fanno un uso smodato di alcol per calmarsi e stordirsi affinché la pesante realtà possa sempre più allontanarsi dalle proprie menti.
Essendo l’alcol una molecola molto piccola, ha la capacità di essere assorbita molto rapidamente e rilevata nel sangue circa 30-40 min dopo l’assunzione ed è subito ossidato principalmente dal fegato. Modalità di assorbimento e cinetica dipendono non solo dalla quantità di etanolo consumata, ma anche e soprattutto dal contenuto gastrico e dalla velocità con cui si assume l’alcol.
Sin dall’antichità è noto che quando si era soliti sedere attorno al triclinium, le donne erano le prime a risentire gli effetti dell’alcol: questo fenomeno, che non faceva altro che rendere felice soprattutto gli uomini, trovava e trova spiegazione nella differenza di quantità presente a livello della mucosa gastrica dell’alcol deidrogenasi, enzima particolarmente basso nelle donne e responsabile dell’80-85% della conversione dell’etanolo in acetaldeide. L’effetto euforizzante dell’alcol lascerebbe spazio a quello sedativo in seguito all’induzione del potenziamento dell’effetto Gaba ovvero acido γ-ammino butirrico ligando endogeno facilitante l’apertura dei canali del Cl– gli stessi su cui agiscono i sedativi ipnotici.
Secondo la teoria di Goldstain, gli effetti centrali dell’etanolo sarebbero dovuti alla propria capacità di aumentare la fluidità delle membrane neuronali, modificandone l’assetto della porzione e lipidica e proteica. Invece la tolleranza all’alcool, ovvero quel fenomeno che per ottenere gli stessi effetti di euforia e rilassatezza richiederebbe dosi sempre maggiori, sarebbe ascrivibile all’attivazione di un sistema inducibile detto MEOS: sistema di ossidazione microsomiale dell’etanolo presente nel reticolo endoplasmatico liscio del fegato, la cui funzionalità aumenta all’aumentare dell’etanolo (si ha dunque una più facile degradazione dello stesso quando introdotto nell’organismo in quantità maggiori).
La dipendenza da alcol è ascrivibile all’attivazione del sistema dopaminergico poiché l’alcol rilascia dopamina in grado di donare gratificazione e ricompensa. Cosa succede però quando una persona assume alcol al di sopra del quantitativo normale? Si ha la classica ubriachezza acuta o intossicazione alcolica acuta, in cui in una prima fase prevalgono i meccanismi disinibitori: inibizione delle aree inibitorie corticali e manifestazione di euforia, eccitazione, ipermotricità, attivazione verbale e disatria; nella seconda fase, invece, compaiono sonnolenza, torpore, rallentamento dei riflessi e disorganizzazione delle prestazioni e motorie e mentali con raggiungimento addirittura del coma e morte.
Una scala di correlazione tra i livelli ematici di alcool e lo stato psicofisico dell’individuo indica il manifestarsi di leggera euforia alle dosi di 30mg/100ml, leggera incoordinazione alle dosi di 50mg/100ml, atassia e confusione alle dosi 100-200mg/100ml, fino ad arrivare ad anestesia profonda o addirittura coma se si raggiungono dosi pari a 300-400mg/100ml di alcool. Le intossicazioni possono essere trattate con lavande gastriche, diuretici, glucosata, fisiologiche o emodialisi, e nel caso in cui il paziente risultasse agitato è assolutamente sconsigliato l’uso di benzodiazepine in quanto determinerebbero solo un aumento della depressione.
L’intossicazione patologica, detta anche idiosincrasia alcolica, è invece caratterizzata da eccitamento e comportamento aggressivo, spesso associata a fenomeni psicopatici e criminali. Tale effetto non è assolutamente causato dalla quantità di alcol assunto, ma è come se questi individui fossero “allergici” all’alcool e, dopo aver consumato piccole dosi, facilmente cadono in un sonno profondo e commettono sconsideratezze senza ricordare più nulla (motivo per cui a livello legislativo vengono considerati malati e quindi non responsabili delle proprie azioni, contrariamente a quanto avviene invece per gli alcolisti, considerati a tutti gli effetti responsabili).
Molto diffuso è inoltre il blackout alcolico: sospensione della memoria, che si manifesta quando l’individuo non riesce più a registrare gli eventi della vita e fa discorsi senza alcun significato e collegamento. Più allarmante e diffuso nelle preparazioni di bibite risulta essere l’uso di alcol metilico al posto di quello etilico, che, una volta metabolizzato in formaldeide e acido formico, provocherebbe a distanza di giorni insufficienza renale, alterazione della cellule gangliari del nervo ottico, inducendo anche cecità nell’individuo: bicarbonato i.v. ed emodialisi risulterebbero le giuste terapie.
Fenomeno molto più grave, che con frequenza avviene soprattutto in seguito ad un ricovero di un paziente alcolizzato, risulta essere il delirium tremens, caratterizzato da delirio, irrequietezza, tachicardia, aumento della pressione e temperatura, apnea, iperpiressia, convulsioni, allucinazioni e zoopsie. Il delirium tremens è la più grave sindrome di astinenza alcolica, che richiede ospedalizzazione e colpisce il 3% degli etilisti cronici fra i 30 e i 50 anni dopi 5-15 anni di abuso, e insorgerebbe dopo due o tre giorni di astinenza all’alcol. La fase acuta durerebbe tre giorni e la terapia richiederebbe idratazione, raffreddamento, uso di glucosio, di tiamina, β- bloccanti, antipsicotici e antiepilettici.
L’alcol non risparmia proprio nessuna parte del nostro organismo e l’organo deputato al controllo dell’equilibrio e dei movimenti fini, ovvero il cervelletto, risulterebbe essere davvero molto suscettibile. A dimostrare la degenerazione del cervelletto sarebbe la risonanza magnetica nucleare, con la quale è possibile stabilire anche la presenza di altre patologie, quali la malattia di marchia fava e bignami, caratterizzata dalla degenerazione del corpo calloso con formazione di fibre mieliniche e cisti rossastre, provocando un vero scollegamento tra l’emisfero sinistro e quello destro. Ad indurre invece un abbassamento dei livelli di vigilanza sarebbe invece il non collegamento tra encefalo e midollo, permesso invece dal ponte che provocherebbe la patologia definita mielinolisi pontina centrale. Demenza alcolica determinerebbe invece atrofizzazione dei giri corticali della corteccia cerebrale, inducendo perdita di memoria e coscienza di sé.
Più terribile ancora risulta essere la sindrome fetale alcolica, dovuta ad effetti diretti dell’alcol che passa facilmente attraverso la placenta, o ad effetti indiretti che possono essere: malnutrizione, riduzione di Zn+2, disturbo placentare e fegato non sano della madre. Vittime del comportamento davvero ingiustificabile di donne gravide alcolizzate sono gli indifesi nascituri, che manifesterebbero convulsioni, tremori, facile irritabilità, microencefalopatia e talvolta ritardi mentali.
La demonizzazione dell’alcol è associata ad un suo consumo eccessivo e smodato: come tutti gli eccessi deve essere evitato e bandito, ma ciò non implica che assumere alcol con moderazione sia un comportamento negativo, dal momento che, come fenomeno che appartiene al nostro modus vivendi, circoscritto nel tempo, nella quantità e nella qualità della bevanda alcolica, non comporterebbe danni irreversibili.