I tempi per rendere disponibili le nuove molecole variano significativamente. È necessario che le strategie di trattamento e l’accesso alle terapie siano gli stessi in tutta Italia. Il prof. Carmine Pinto, presidente AIOM: “I farmaci a bersaglio molecolare migliorano la sopravvivenza nella fase avanzata di malattia”. A Milano convegno nazionale su una neoplasia che colpisce ogni anno 13.600 cittadini
Milano, 13 ottobre 2017 – Per il 64% degli italiani il livello di assistenza offerto in campo oncologico dal nostro Sistema Sanitario Nazionale è buono (ottimo per l’8%). Ma il 76% ritiene che ci siano differenze nelle opportunità di cura per i malati oncologici nelle diverse regioni.
Un giudizio analogo è espresso anche dai pazienti colpiti da tumore del rene: il 57% giudica buona la propria attuale qualità di vita (ottima per il 6%), ma il 76% sostiene che la priorità per il futuro per migliorare la condizione dei malati di cancro sia proprio l’eliminazione delle differenze territoriali nelle cure.
È quanto emerge da due sondaggi che hanno coinvolto 1.034 cittadini e 256 pazienti con tumore del rene, proprio per scattare una fotografia del livello di conoscenza di questa neoplasia. I risultati sono presentati oggi a Milano in un convegno nazionale organizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM).
“Negli ultimi due anni – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM – abbiamo assistito a un miglioramento dei processi di approvazione e rimborsabilità delle nuove molecole anticancro a livello nazionale da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) dopo la registrazione da parte dell’ente regolatorio europeo (EMA). Tuttavia questo potrebbe non bastare per permettere uguali tempistiche e procedure per l’accesso alle terapie in maniera omogenea in tutto il Paese”.
“Vanno infatti considerate diverse problematiche regionali – continua il prof. Pinto – Si registra un’ampia variabilità a livello territoriale, con disparità che possono essere consistenti passando da un tempo minimo di 31 giorni a uno massimo di 293 giorni”.
Dal sondaggio emerge che il 78% dei pazienti colpiti da tumore del rene ritiene che le molecole innovative siano una risorsa sia per i medici che per i malati.
“Nel 2017 sono stimati in Italia circa 13.600 nuovi casi di tumore del rene (11.600 localizzati nel parenchima renale e 2.000 nelle vie urinarie) – spiega il dott. Giuseppe Procopio, membro del Direttivo nazionale AIOM e responsabile dell’Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – Oggi il 71% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Il trattamento di prima scelta per la malattia localizzata e localmente avanzata è la chirurgia, conservativa quando possibile. Va considerato che circa un quarto dei pazienti, anche se operati in maniera radicale, va incontro a recidiva. I farmaci a bersaglio molecolare hanno permesso di allungare la sopravvivenza di oltre due anni nella fase metastatica e oggi si stanno affacciando opzioni importanti per i pazienti in questo stadio. In particolare una nuova classe di inibitori tirosin-chinasici ha evidenziato miglioramenti clinicamente significativi in uno studio di fase 3 nei parametri di efficacia più rilevanti: sopravvivenza globale, sopravvivenza libera da progressione e tasso di risposta obiettiva”.
Accanto alle nuove possibilità terapeutiche, va migliorato il livello di conoscenza dei cittadini anche sulle regole di una diagnosi tempestiva e della prevenzione. “I fumatori – continua il dott. Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) – presentano un rischio più elevato di sviluppare un tumore del parenchima renale rispetto a coloro che non hanno mai fumato. Per i tumori uroteliali della pelvi renale la relazione è ancora più forte: per i tabagisti la probabilità è tre volte più alta e proporzionale al numero di sigarette fumate ogni giorno e agli anni di esposizione. Anche la dieta e l’attività fisica svolgono un ruolo importante e un incremento del rischio è attribuito al sovrappeso e all’ipertensione arteriosa. Per questo è fondamentale promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte a tutti i cittadini”.
Nel nostro Paese vivono circa 130mila persone dopo la diagnosi di tumore del rene. “Il 60% è individuato casualmente, come diretta conseguenza dell’impiego, sempre più diffuso, della diagnostica per immagini in pazienti non sospetti in senso oncologico – sottolinea il prof. Giario Conti, segretario nazionale SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica) – Nel cancro del rene la chemioterapia e la radioterapia si sono dimostrate, storicamente, poco efficaci. Pertanto la disponibilità di nuove armi potrà migliorare in maniera significativa la capacità di gestione complessiva di questa neoplasia. La collaborazione multidisciplinare tra urologi, oncologi medici e radioterapisti, anatomopatologi, psicologi e medici nucleari non deve essere più un’opzione ma un obbligo. Da una medicina basata sul singolo specialista si deve arrivare alla scelta della migliore terapia attraverso l’analisi e il confronto di più professionisti”.
“I farmaci innovativi, come stabilito nell’accordo stipulato in seno alla Conferenza Stato-Regioni nel 2010, devono essere immediatamente disponibili, anche senza il formale inserimento nei prontuari farmaceutici ospedalieri regionali – spiega il dott. Pietro Presti, membro Direttivo FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e direttore generale Fondazione Tempia – Questo concetto è stato poi confermato e rafforzato dalla legge Balduzzi del 2012, che ha introdotto l’obbligo di erogare e utilizzare uniformemente i medicinali innovativi di particolare rilevanza, garantendo così la parità di trattamento di tutti i pazienti indipendentemente dalla Regione di residenza”.
“Stiamo lavorando in collaborazione con le istituzioni e le associazioni dei pazienti per superare queste diversità – sottolinea il prof. Pinto – La via è quella di una condivisione nazionale delle strategie di cura e quindi del posizionamento di un nuovo farmaco nell’ambito di un percorso di cura. Strategie terapeutiche per i singoli tumori e differenti quadri clinici che non possono essere diversi tra regione e regione. Anche di questo parliamo nel ‘Patto contro il cancro’ proposto da AIOM per consentire di superare le differenze”.