Ogni anno 10.000 bambini soffrono di una patologia reumatica. Nuovi approcci terapeutici

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Il lavoro coordinato dal pediatra con un team multidisciplinare può affrontare in tempo il problema e arrivare alla cura adeguata

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Roma, 12 ottobre 2017 – Si celebra oggi la Giornata Mondiale delle Malattie Reumatiche e in tutti i continenti risuonerà lo slogan “Don’t Delay Connect Today”, perché per queste patologie occorre prima di tutto non perdere tempo e seguire le procedure per arrivare rapidamente a una diagnosi corretta fin dalla comparsa dei primi sintomi.

In occasione di questa importante ricorrenza nell’ambito medico-scientifico, la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) ha preso parte oggi a Roma alla conferenza organizzata dall’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (APMAR Onlus) dal titolo “Le Malattie Reumatologiche e i 21 Sistemi Sanitari Regionali” presso la Biblioteca del Senato ‘Giovanni Spadolini’ per fare il punto sui nuovi approcci terapeutici nei bambini quando si parla di patologie di questo tipo.

“Contrariamente a quanto comunemente si crede – ha affermato il dott. Giuseppe Di Mauro, Pediatra di famiglia e Presidente della SIPPS – le patologie reumatiche sono frequenti anche in età pediatrica. Ogni anno infatti sono circa 10.000 i bambini colpiti da una malattia reumatica, in pratica un bambino su mille. Per le patologie più comuni esistono cure riconosciute e adeguate, ma per altre, come la sclerodermia, non esiste ancora una terapia ad hoc”.

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Dott. Giuseppe Di Mauro

Le patologie reumatiche più frequenti nei bambini sono: l’artrite idiopatica giovanile, il lupus eritematoso sistemico, la dermatomiosite, la spondiloartropatia, la malattia di Kawasaki, la vasculite sistemica primaria giovanile e la poliarterite nodosa. Fondamentale per queste patologie è la diagnosi precoce: agire in maniera tempestiva infatti è importantissimo non solo per la cura della patologia, ma soprattutto per la gestione delle sue complicanze. Il pediatra di famiglia è in genere il primo ad essere interpellato, per cui il suo ruolo diventa fondamentale per la diagnosi precoce. Purtroppo la difficoltà a diagnosticare queste patologie in fase iniziale, porta spesso ad una diagnosi tardiva e a volte vana.

“Per questo motivo – continua Di Mauro – è fondamentale che il pediatra di famiglia si formi in modo sempre più mirato al fine di valorizzare e riconoscere i primi segni e sintomi patognomonici che facciano sospettare la presenza di un problema importante. Posto il sospetto, dovrà poi richiedere l’aiuto di un team multidisciplinare per definire se quei sintomi rientrino nell’ambito di una patologia reumatologica”.

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Per esempio nel caso dell’artrite idiopatica giovanile occorre che la diagnosi sia precoce e si adotti un approccio multidisciplinare che veda coinvolti in particolare un reumatologo pediatrico, un oftalmologo, un terapeuta fisico, un ortopedico e uno psicologo, sotto il coordinamento del pediatra di famiglia. Quando si creano queste condizioni è molto più probabile e ottimistico il raggiungimento della guarigione.

Una delle complicanze più serie dell’artrite idiopatica giovanile è l’iridociclite cronica, che inizialmente non dà sintomi, ma che, se non diagnosticata e curata in tempo, può lasciare esiti irreversibili all’occhio e può, a lungo andare, pregiudicare la capacità visiva. Per questo motivo un bambino affetto da artrite idiopatica giovanile, oligo o poliarticolare, deve essere sottoposto a visita oculistica con lampada a fessura ogni 3-4 mesi al fine di intercettarla tempestivamente.

Anche le terapie farmacologiche e la fisioterapia svolgono nei bambini un ruolo importante: sia per curare la patologia, sia per evitare conseguenze e danni ad essa legati. Servono a mantenere o ripristinare la funzione delle articolazioni in modo da tornare ad avere una normale mobilità: gran parte dei bambini affetti da patologie reumatiche conducono un’infanzia del tutto normale e raggiungono l’età adulta senza grosse difficoltà.

“Purtroppo – conclude il dott. Di Mauro – ad oggi non siamo in grado di prevenire né di prevedere i casi di ricadute della malattia. Il risveglio a distanza di mesi o di anni diventa un evento frustrante sia per il bambino che per l’intero nucleo familiare. Ecco perché è importantissimo il ruolo che può svolgere il pediatra di famiglia: il suo rapporto stretto e continuativo con il paziente e con la famiglia permette di intercettare i disagi e le dinamiche psicosociali all’interno della famiglia. Inoltre, l’aiuto di uno psicologo pediatra rappresenta un grande contributo nella gestione della patologia per promuovere lo sviluppo psicosociale e sociale normale del bambino e affrontare le conseguenze causate dalla malattia sulla vita familiare”.

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