In Repubblica Democratica del Congo è in corso una delle più gravi epidemie di colera mai viste nel paese. Dal 9 settembre le équipe di Medici Senza Frontiere hanno trattato 17.000 persone e allestito circa 30 unità e centri di trattamento. In molte aree sia urbane che rurali le persone prelevano acqua contaminata da laghi o fonti non potabili. Per questo MSF sta anche portando avanti attività di potabilizzazione dell’acqua, prevenzione e sensibilizzazione all’interno delle comunità, in modo da contenerne la diffusione
Roma, 29 settembre 2017 – Da quando è stata dichiarata l’epidemia di colera in Repubblica Democratica del Congo (RDC), il 9 settembre, Medici Senza Frontiere (MSF) ha trattato 17.000 persone e allestito circa 30 unità e centri di trattamento. La malattia si è già diffusa in 20 province, una situazione mai vista nel Paese, e non è ancora sotto controllo. MSF chiede di rafforzare urgentemente le attività di prevenzione e sensibilizzazione e di garantire il coinvolgimento di più organizzazioni per affrontare l’epidemia.
L’epidemia, una delle più virulente degli ultimi anni, è insorta a giugno nella provincia del Nord Kivu e si è diffusa finora in 20 delle 26 province del Paese, raggiungendo le dimensioni di una vera e propria epidemia in 11 di esse. Finora sono state colpite più di 24.000 persone, con oltre 500 decessi.
Il colera è una malattia infettiva che si trasmette ingerendo acqua o cibo contaminati da escrementi ed è favorita da condizioni igienico-sanitarie precarie. È endemico in 6 province del Paese, ma la siccità degli ultimi mesi che ha ridotto la disponibilità di acqua, e l’alta mobilità della popolazione in alcune aree hanno causato una più rapida diffusione e un maggiore impatto, con il 28% di casi in più rispetto al 2016. Solo nell’ultima settimana di agosto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha segnalato fino a 1.500 casi.
“Stiamo portando avanti una risposta ad ampio raggio per coprire le aree più colpite e nelle ultime settimane il numero dei pazienti nei nostri centri è diminuito – spiega Cisco Otero, capo missione MSF in RDC – Tuttavia, è ormai evidente il bisogno urgente di sviluppare misure preventive, come la vaccinazione e l’igienizzazione dell’acqua nelle aree dove il colera è endemico, per evitare epidemie di questa dimensione e prevenirne la diffusione”.
Dall’inizio dell’anno, MSF ha risposto all’epidemia aprendo unità e centri di trattamento del colera (CTC) e donando materiale nelle province dove il colera è endemico e dove la malattia si è diffusa. MSF è presente nelle province di Kwilu, Haut-Lomami, Kongo centrale, Tanganyika, Nord Kivu, Sud Kivu, Ituri, Bas Uélé e Maniema. Negli ultimi giorni, le équipe di MSF hanno iniziato a lavorare anche nell’Haut-Lomami e hanno esteso le proprie attività in Sud Kivu.
“La priorità oggi è contenere l’epidemia – spiega Silvia Mancini, epidemiologa di MSF appena rientrata dal Paese – La stagione delle piogge si sta avvicinando e questo aumenta il rischio che il batterio si diffonda ancora più velocemente determinando una situazione critica. Per questo MSF ha avviato attività di sensibilizzazione tra le comunità per spiegare le modalità di trasmissione, mostrare alla popolazione le misure igieniche da adottare, distribuire sapone e disinfettante a base di cloro. Insieme alla sensibilizzazione e al trattamento dei pazienti colpiti, MSF sta identificando i quartieri vulnerabili con scarso accesso all’acqua potabile, quelli più duramente colpiti e densamente popolati, per vaccinare la popolazione e limitare la diffusione di ulteriori focolai epidemici”.
Il centro di trattamento per il colera
Un centro per il trattamento del colera (CTC) è vitale per trattare le persone con colera grave. È la struttura dove i pazienti possono essere stabilizzati e trattati, dove le strette misure di igiene prevengono il diffondersi della malattia. Offre inoltre ai pazienti servizi di trattamento e di stabilizzazione.
L’insorgenza del colera in un paziente si manifesta con diarrea improvvisa e intensa a cui segue il vomito che aggrava la perdita di liquidi, calcio e potassio. Per questo è importante rilevare e trattare i casi il più velocemente possibile.
La disidratazione si presenta molto velocemente e può causare la morte del paziente se non è trattato immediatamente e nel modo giusto somministrando fluidi e sali di reidratazione. Molti pazienti possono essere trattati per via orale e solo in pochi casi di grave disidratazione è necessario somministrare fluidi intravenosi.
L’epidemiologa Silvia Mancini – MSF – è appena rientrata dal paese e racconta in questo video quanto sta accadendo: https://youtu.be/MfZU1IAukdI