Lo studio condotto dai Neurologi del San Paolo di Milano evidenzia una bassa incidenza di sanguinamenti intracranici a 48 ore di osservazione dal trauma
Milano, 7 luglio 2017 – Uno studio durato 5 anni condotto dalla Clinica Neurologica dell’Ospedale San Paolo di Milano, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, su un campione di 344 pazienti in terapia anticoagulante (T.A.O.) giunti al Pronto Soccorso per un incidente, una caduta, un’aggressione, facendo sport o anche solo una disattenzione e che, durante l’impatto hanno sbattuto la testa.
“Trauma cranici minori” sono definiti ma, in pazienti fragili come quelli che assumono terapia anticoagulante, si è sempre avuta una particolare attenzione per il possibile verificarsi di emorragie cerebrali.
Lo studio, condotto dal gruppo di neurologi coordinato dal prof. Alberto Priori, Direttore della Clinica Neurologia dell’Ospedale San Paolo (ASST Santi Paolo e Carlo), in collaborazione con gruppo di medici di Pronto Soccorso guidato dal dott. Marco Gardinali, Direttore del Pronto Soccorso del medesimo Presidio Ospedaliero, è stato pubblicato sul “Neurology Clinical Practice”, la rivista ufficiale dell’Accademia Americana di Neurologia.
Anche quando il trauma cranico è minore, quindi a basso e medio rischio, non viene mai sottovalutato, a maggior ragione in presenza di pazienti T.A.O. I risultati dello studio hanno però sorprendentemente evidenziato una minima incidenza di sanguinamenti intracranici a 48 ore di osservazione dal trauma. Solo l’1,4% dei pazienti ha mostrato infatti la comparsa di un sanguinamento alla TAC di controllo (in tutti i casi di scarso impatto clinico e senza necessità di intervento neurochirurgico). Tale dato implica la non necessità di sottoporre tutti i pazienti ad una seconda tomografia computerizzata (TC) del cranio riducendo quindi l’esposizione ai raggi X del paziente, i costi della gestione del trauma cranico e l’impegno delle risorse del sistema sanitario.
La Terapia Anticoagulante Orale è una terapia salvavita utilizzata in Italia da oltre 650.000 persone. Viene usata dai portatori di valvole cardiache, da coloro che vengono colpiti da un primo episodio di trombosi, da embolia polmonare, da ictus e da infarto.
Questo numero è destinato, secondo gli esperti, a crescere enormemente, sia grazie ai continui successi della cardiochirurgia e al conseguente progresso della terapia anticoagulante, sia a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, che comporta un maggiore rischio di trombosi.
In Europa l’incidenza dei traumi cranici è di circa 262:100.000 e circa l’80% di tutti i traumi cranici è classificato come trauma minore. L’aumento dell’incidenza dei traumi cranici e il crescente utilizzo dei farmaci anticoagulanti orali conseguenti all’invecchiamento della popolazione rendono il trauma cranico minore in TAO uno scenario sempre più frequente nei nostri Pronto Soccorso. Poiché la terapia anticoagulante è associata ad un maggior rischio di emorragie post-traumatiche immediate e, a distanza, la gestione di questi pazienti ed in particolare la durata ottimale del periodo di osservazione intraospedaliera appaiono ancora fortemente dibattuti.
Lo studio ha evidenziato per la prima volta lo scarso rapporto rischio/beneficio dell’osservazione per 48 ore in Pronto Soccorso del paziente con trauma cranico minore in TAO a fronte di esposizione inutili a radiazioni ionizzanti potenzialmente dannose per la salute e ad una spesa per l’osservazione e il neuroimaging di 650€ a paziente, per un totale di 185.000€.
In un’epoca in cui è richiesta una sempre maggiore attenzione al cost-containment e all’allocazione delle risorse, una delle maggiori sfide della sanità consiste nel tutelare il paziente garantendo allo stesso tempo la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario.
“Questo studio rappresenta un tassello importante nella gestione dei malati con trauma cranico in TAO – dichiara il prof. A. Priori – poiché non supporta l’osservazione prolungata indiscriminata di tutti i pazienti anche con l’esecuzione di ripetuti accertamenti neuroradiologici ma propone piuttosto che questa venga limitata ai casi con meccanismo severo del trauma, alti valori di INR (International Normalized Ratio) o assenza di supporto sociale”.