Bambini e diabete. Uno studio in corso potrebbe aprire la strada a terapie innovative

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Tra le varie forme di diabete, la più frequente in età pediatrica nel 90% dei casi, è il diabete mellito di tipo 1 (T1D), caratterizzato da una distruzione su base autoimmune delle β-cellule pancreatiche che producono insulina. Nuovi studi in corso presentati dalla prof.ssa Ursula Grohmann, professore ordinario di Farmacologia dell’Università degli Studi di Perugia, propongono possibili terapie innovative basate sul metabolismo dell’aminoacido triptofano e accendono nuove speranze per i piccoli pazienti. Sul fronte delle vaccinazioni, la prof.ssa Susanna Esposito, responsabile del Centro di Riferimento Regionale per la Cura del Diabete in età pediatrica, spiegherà come anche per i bambini con diabete siano necessarie le vaccinazioni obbligatorie previste nel decreto appena entrato in vigore. Questi tra i temi principali che verranno discussi a Perugia domani 21 giugno durante l’incontro su “L’assistenza al bambino con diabete in età evolutiva” promosso dall’Accademia delle Scienze dell’Umbria

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Perugia, 20 giugno 2017 – La lotta al diabete è una delle tre emergenze sanitarie identificate dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dopo HIV e Tubercolosi.
Numeri impressionanti se si considera che secondo l’Oms sono 346 milioni le persone affette da diabete in tutto il mondo, di cui 52 milioni nella Regione europea.

Nel nostro Paese, dove attualmente vivono oltre 3 milioni di persone con diabete (dati del Ministero della Salute), è stato registrato un aumento dei casi di diabete mellito di tipo 1 con un’incidenza annua media di 8.1 su 100.000 bambini tra 0 e 14 anni, aumento in parte dovuto all’invecchiamento generale della popolazione ma principalmente alla diffusione di condizioni a rischio come sovrappeso e obesità, scorretta alimentazione, sedentarietà e disuguaglianze economiche.

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Prof.ssa Susanna Esposito

“Il diabete è una patologia complessa – sottolinea la prof.ssa Susanna Esposito, professore ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Perugia e presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici, WAidid – che investe il bambino, i suoi genitori e gli operatori sanitari che li assistono. Ciascuno di loro ha un compito difficile da assolvere. Poter portare la mia esperienza nelle malattie croniche e collaborare con il team della prof.ssa Ursula Grohmann e con le Associazioni dei Giovani con il diabete è per me un grande onore. La componente umana, insieme alle competenze tecniche richieste ad ogni medico sono un aspetto imprescindibile del nostro impegno quotidiano nell’assistenza dei piccoli pazienti e delle loro famiglie”.

Sebbene le cause del diabete di tipo I siano ancora sconosciute all’origine (cause genetiche, ereditarie o fattori ambientali), ciò che invece appare chiaro agli esperti è il meccanismo che porta alla distruzione delle cellule del pancreas che producono insulina. In Italia, sono circa 20mila i bambini sotto i 14 anni con diabete di tipo 1, costretti a somministrarsi insulina a vita e a convivere con dispositivi per infonderla.

Nel corso degli ultimi decenni sono stati compiuti numerosi progressi volti a migliorare il trattamento del diabete mellito nel bambino, con l’obiettivo di garantire un controllo metabolico ottimale ed evitare complicanze a breve e lungo termine.
Tra le novità sulle terapie per la cura del diabete di tipo 1, è in corso uno studio che potrebbe aprire la strada a possibili terapie innovative.

“Studi sul modello animale condotti nel nostro laboratorio – afferma la prof.ssa Ursula Grohmann, professore ordinario di Farmacologia del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi di Perugia e membro dell’Accademia delle Scienze dell’Umbria – hanno dimostrato che indolamina 2,3-diossigenasi o IDO, un particolare enzima che metabolizza l’aminoacido triptofano, rappresenta un importante controllore delle risposte immunitarie nel nostro organismo che tuttavia risulta difettivo in topi con diabete di tipo autoimmune (T1D). In tali topi, manovre terapeutiche atte a correggere questo difetto determinano un controllo efficace della risposta autoimmune, la rigenerazione di piccole insule pancreatiche secernenti insulina e la normalizzazione dei valori di glicemia. Studi attualmente in corso in pazienti pediatrici affetti da diabete mellito hanno evidenziato che IDO è difettivo anche nel diabete di tipo 1 umano, aprendo pertanto la strada a possibili terapie innovative basate sul ripristino del metabolismo fisiologico del triptofano e, quindi, a nuove speranze per i pazienti affetti da diabete”.

Se la terapia insulinica ha come obiettivo primario quello di ristabilire un soddisfacente equilibrio glicemico, l’educazione alla gestione autonoma del diabete da parte delle famiglie dei bambini affetti è lo strumento fondamentale che consente di garantire una buona qualità di vita. L’approccio terapeutico all’interno delle strutture pediatriche è, infatti, fortemente centrato sulla famiglia, svolto in un’atmosfera informale e talora ‘protettiva’, attenta allo sviluppo psicofisico, all’inserimento nel mondo della scuola e dei coetanei.

E anche per i bambini con diabete, la prevenzione attraverso le vaccinazioni riveste un ruolo fondamentale, non solo per i piccoli pazienti ma anche per le loro famiglie e per gli operatori sanitari per i quali sono raccomandate tutte le vaccinazioni di routine.

“Alcune infezioni – conclude Susanna Esposito – favoriscono lo sviluppo di diabete di tipo 1 nei soggetti geneticamente predisposti. Ciò vale soprattutto per le infezioni respiratorie contratte precocemente. I vaccini sono efficaci anche nei bambini con diabete. Non solo efficaci, i vaccini sono anche sicuri e non associati allo sviluppo del diabete. Quindi, tutte le vaccinazioni considerate obbligatorie per l’ingresso a scuola nei bambini senza patologie di base devono essere eseguite anche nei bambini con diabete. In aggiunta, per i bambini con diabete è raccomandato il vaccino antinfluenzale annuale e il vaccino coniugato contro lo pneumococco anche dopo i 5 anni di età”.

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