Prof. Andrea Giustina: “Livelli bassi di vitamina D sono risultati associati a problemi di equilibrio e la miopatia è caratterizzata da debolezza muscolare prossimale, atrofia muscolare, e un’andatura ondeggiante”
Mantova, 7 aprile 2017 – Un percorso analogo a quello del domino con conseguenze a cascata è il meccanismo della vitamina D, il prezioso ormone spesso associato al metabolismo osseo ma dal fondamentale ruolo anche in medicina interna. Il deficit e la carenza di vitamina D, endemiche nella popolazione italiana che arriva all’80% in quella anziana, non hanno conseguenze solo sullo scheletro ma anche su un aspetto meno noto, ossia la funzione del muscolo.
Come racconta il prof. Andrea Giustina, Presidente del Gioseg e Full Professor of Endocrinology and Metabolism al San Raffaele di Milano dall’8° Skeletal Endocrinology Meeting: “un basso livello di vitamina D è stretto a doppio filo alla miopatia ossia alla perdita di forza muscolare. Nella sua forma biologicamente attiva infatti la 1,25-diidrossivitamina D esercita i suoi effetti legandosi ad un recettore della vitamina D (VDR) presente nei tessuti sia animali che umani. Le fibre muscolari di tipo 2 a contrazione rapida sono quelle coinvolte nell’equilibrio e nei movimenti rapidi e sono anche quelle più sensibili ai livelli di vitamina D. Infatti, livelli bassi sono risultati associati a problemi di equilibrio e la miopatia è caratterizzata da debolezza muscolare prossimale, atrofia muscolare, e un’andatura ondeggiante”.
“La miopatia si aggiunge ad altri fattori negativi creando un circolo vizioso – prosegue Giustina – gli italiani ad esempio assumono poca vitamina D dalla dieta e l’apporto dall’esposizione al sole diminuisce negli anziani di almeno il 30% a causa della sintesi cutanea ridotta proprio per l’invecchiamento. Problemi renali o epatici, obesità, latitudine di residenza e stagione fanno il resto. Una minore funzione muscolare è correlata in maniera diretta ad un aumentato rischio di cadute e quindi di fratture, ecco perché è assolutamente necessaria una migliore gestione di terapie di supporto in particolari categorie di persone”.
“Il fatto che oltre a contribuire a fissare il calcio nelle ossa la vitamina D sia in grado di avere azioni su altri distretti è molto interessante, il suo recettore infatti è presente ubiquitariamente nel nostro organismo e ha mostrato effetti anche su cuore, polmoni, proliferazione cellulare e sistema immunitario. Gli studi più recenti ci dicono che una supplementazione adeguata è in grado di ridurre del 15-20% le cadute, se eseguita e seguita correttamente un paziente su 5 potrebbe evitare sia il trauma che le sue conseguenze” conclude l’endocrinologo.
Le ricerche – Molti studi osservazionali, soprattutto in popolazioni più anziane, indicano che lo stato della vitamina D è correlata positivamente con la forza muscolare e le prestazioni fisiche e inversamente associato al rischio di cadere.
Gli studi clinici della supplementazione di vitamina D negli anziani con bassi valori di vitamina D riportano miglioramenti nelle prestazioni muscolari e riduzioni di cadute. I meccanismi alla base sono probabilmente sia indiretto attraverso calcio e fosfato e diretto attraverso l’attivazione del recettore della vitamina D (VDR) su cellule muscolari da 1,25-diidrossivitamina D.
Interessate le fibre muscolari di tipo II – Le biopsie di muscolo scheletrico negli adulti con deficit di vitamina D hanno mostrato prevalentemente di una atrofia delle fibre muscolari di tipo II, a contrazione rapida e prime ad essere reclutate per evitare una caduta. Le sezioni di tessuto muscolare dei soggetti con deficit rivelano spazi interfibrillari ingranditi, infiltrazione di grasso, fibrosi e granuli di glicogeno.
Ed è ormai chiaro che la supplementazione di vitamina D può avere un impatto sulla composizione delle fibre muscolari. In un piccolo studio non controllato, Sorenson et al. hanno riportato un aumento della composizione delle fibre nelle biopsie muscolari di donne anziane dopo trattamento con 1-α-idrossivitamina D e calcio per 3-6 mesi. Uno studio randomizzato, controllato ha trovato che il trattamento di 48 anziani ictus con 1000 UI di vitamina D 2 al giorno ha determinato un aumento medio significativo sia nel numero che nel rapporto di fibre di tipo II in un periodo di 2 anni.
Più vitamina D, meno cadute – In uno studio randomizzato e controllato, Bischoff et al. ha dimostrato che il trattamento con la vitamina D 3 e calcio (800 UI e 1200 mg al giorno) per 3 mesi ridotto il rischio di cadute del 49% rispetto al solo calcio. Analogamente in uno studio australiano, trattamento con vitamina D 2 (inizialmente 10.000 UI a settimana poi 1000 UI al giorno) e calcio (600 mg al giorno) per 2 anni ha ridotto il rischio di cadute nel gruppo conforme del 30% rispetto al calcio da solo.
Un recente ampio studio clinico in 242 anziani sani con 25 (OH) D <30 nanogrammi/ml ha dimostrato che la supplementazione a lungo termine con la vitamina D 3 e calcio (800 UI e 1000 mg al giorno), contro il calcio da solo, ha portato una diminuzione del 39% nel numero di soggetti con prima caduta nel corso di un periodo di 20 mesi. Questi effetti favorevoli extra-scheletrici della vitamina D sono stati confermati da una meta-analisi di cinque studi controllati randomizzati, tra oltre 1200 soggetti ambulatoriali e istituzionalizzati, nei quali la supplementazione con vitamina D al dosaggio di 700 UI o superiore ha abbassato il rischio di caduta del 22%. L’ipovitaminosi D è una condizione endemica nella popolazione anziana e va corretta non solo per migliorare la salute scheletrica ma anche per ripristinare la funzione muscolare con conseguente riduzione del rischio di cadute e quindi di fratture.
fonte: ufficio stampa