Gli oncologi: “Il 45% delle italiane non esegue la mammografia”. In Campania solo il 37% delle donne si sottopone all’esame. La prof.ssa Stefania Gori (Presidente Eletto AIOM): “Se la malattia è individuata in fase precoce le guarigioni superano il 90%”. Questi successi sono dovuti anche alle terapie innovative ma ancora troppi vincoli rallentano la ricerca in oncologia. A Napoli il convegno nazionale sul cancro femminile più diffuso nel nostro Paese
Napoli, 10 febbraio 2017 – In Italia aumentano i nuovi casi di tumore del seno. Nel 2016 sono stati 50mila, 2.000 in più rispetto al 2015. La mortalità però è in costante diminuzione, in particolare nella fascia d’età compresa fra 50 e 69 anni (-1,9% ogni anno), a cui è indirizzato lo screening mammografico. È la dimostrazione dell’efficacia di questi programmi che in alcune Regioni stanno coinvolgendo anche le over 45, estendendo così il target di riferimento.
Quando la malattia è individuata il fase precoce, infatti, le guarigioni superano il 90%. Sono questi alcuni dei dati emersi durante il convegno “Breast Journal Club l’Importanza della Ricerca in Oncologia” che si apre oggi e che per due giorni vede riuniti a Napoli alcuni tra i più importanti esperti nazionali e internazionali sulla patologia.
“Grazie alla mammografia e alle terapie innovative otto italiane su dieci colpite da cancro del seno riescono a sconfiggerlo – afferma la prof.ssa Stefania Gori Direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale Don Calabria Negrar di Verona e Presidente Eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) – Il 45% delle italiane però non si sottopone ad esami in grado di diagnosticare precocemente la malattia. Forti sono le differenze tra le varie Regioni. Qui in Campania si registra una delle percentuali più basse di adesione e ben il 63% delle donne non esegue questo test salvavita. Rinnoviamo quindi il nostro appello affinché tutta la popolazione partecipi ai programmi di prevenzione secondaria del cancro”. Nell’evento, organizzato nella città partenopea, ampio spazio è riservato al tema dei nuovi trattamenti.
“Oggi, rispetto a soli pochi anni fa, conosciamo meglio i meccanismi biologici che sono alla base dei tumori – aggiunge il prof. Michele De Laurentiis Direttore U.O.C. Oncologia Senologica dell’Istituto Pascale di Napoli – Le terapie sono sempre più mirate contro le cellule cancerogene e meno tossiche per il resto dell’organismo. Questi farmaci innovativi si aggiungono alle varie armi già a disposizione dell’oncologo come chemioterapia, radioterapia o ormonoterapia. In particolare nab-paclitaxel è un farmaco che sfrutta le nanotecnologie e che ha evidenziato un miglioramento della sopravvivenza del 20%. Per migliorare l’indice terapeutico dei taxani, che sono lo standard di cura nel trattamento del tumore della mammella, infatti, è stata utilizzata una tecnologia all’avanguardia: la nanotecnologia. E’ in grado di trasportare direttamente il farmaco al tumore sfruttando le proprietà di trasporto naturale dell’albumina. Piccolissime particelle, di questa proteina, vengono legate a paclitaxel in una forma solubile e iniettabile. Attualmente nab-paclitaxel è utilizzato nel trattamento del cancro del seno, pancreas e polmone”.
“Questi risultati sono ottenuti grazie alla ricerca scientifica – sottolinea il prof. Sabino De Placido Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università Federico II di Napoli – In Italia negli ultimi dieci anni sono state svolte 230 sperimentazioni cliniche in ambito oncologico. Ciò nonostante il sistema di ricerca nel nostro Paese è fortemente limitato da alcuni eccessi burocratici. Per esempio, occorrono 17 settimane per avviare uno studio clinico mentre nel Regno Unito ne bastano cinque. Inoltre, nella Penisola, sono attivi 96 Comitati Etici che devono esprimere un parere sulle sperimentazioni. Seppur in riduzione il loro numero è ancora il doppio rispetto alla media del Vecchio Continente. È quindi necessario rivedere le norme che regolano questo particolare ambito della medicina e, al tempo stesso, favorire il più possibile la ricerca clinica indipendente attraverso nuovi investimenti pubblici”.
Il tumore del seno è la patologia oncologica più frequente tra le donne italiane di ogni fascia d’età. “Il tasso di sopravvivenza, a cinque anni dalla diagnosi, nel 2016 ha raggiunto l’85,5% – aggiunge la prof.ssa Gori – Come per altre neoplasie si tratta di un dato superiore alla media europea che si ferma invece all’81,8%. Siamo quindi di fronte all’ennesima dimostrazione dell’ottimo livello raggiunto dall’oncologia italiana che riesce a primeggiare nel Vecchio Continente nonostante sprechi, disorganizzazioni e lungaggini burocratiche che ancora contraddistinguono il nostro sistema sanitario nazionale”.
“Esistono inoltre forti differenze tra le varie Regioni – prosegue il prof. De Laurentiis – Ancora troppi italiani malati di cancro si spostano dal Sud al Nord per ricevere cure e assistenza. Questo avviene nonostante nel Mezzogiorno siano attivi alcuni centri di assoluta eccellenza. Una possibile soluzione a questo problema può essere la realizzazione e attivazione delle Reti Oncologiche Regionali e la definizione dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali”.
“Il lento ma costante e progressivo aumento della sopravvivenza dei pazienti oncologici pone tutta una serie di nuovi problemi che la comunità scientifica deve saper affrontare – commenta il prof. De Placido – Si calcola che in Italia vivano oltre 692mila donne che hanno avuto una diagnosi di tumore del seno. E il loro numero è per forza destinato ad aumentare nei prossimi anni. La ricerca medico-scientifica dovrà essere sempre più indirizzata a garantire una buona qualità della vita anche dopo la malattia”.
fonte: ufficio stampa