ESC Congress 2016: 204 piccoli cuori in dieci anni
Roma, 28 agosto 2016 – Dal 2002 al 2011 sono 204 i cuoricini che hanno ricominciato a battere nel cuore di piccoli pazienti italiani. Il 54% dei pazienti soffriva di cardiomiopatie e il 31% di problemi congeniti. Bambini anche molto piccoli: il 16% dei trapiantati aveva tra 4 e 8 anni, il 22% tra 9 e 13 e un altro 22% tra 14 e 17. I trapianti pediatrici in Italia sono una realtà solo nel 2011 ne sono stati effettuati 161 di cui 28 di cuore anche se ben 55 sono rimasti il lista di attesa.
Tradizione permessa da centri di riferimento nazionale come Roma e Bergamo ma anche da dispositivi elettromeccanici impiantabili (VAD) che aiutano il cuore nella sua funzione di pompa meccanica in attesa che sia disponibile un organo da donatore.
È avvenuto a gennaio di quest’anno a Roma – spiega Leonardo Bolognese, direttore Cardiologia ospedale di Arezzo e local press coordinator del congresso ESC – presso l’ospedale pediatrico Bambino Gesù il primo trapianto pediatrico di cuore artificiale: ne ha beneficiato una ragazza di 16 anni che rischiava di morire a causa di una cardiomiopatia dilatativa severa. Lo strumento preleva il sangue dai ventricoli e lo aiuta a raggiungere gli organi vitali come farebbe un cuore sano e viene usato sia come ausilio nei pazienti in attesa di un organo compatibile sia per coloro che non sono eleggibili per un trapianto.
“Durante il congresso ESC in corso a Roma è stata presentata una ricerca dell’ospedale universitario di Lione – aggiunge Franco Romeo, direttore Cardiologia Policlinico Tor Vergata di Roma e local press coordinator del congresso – che si è proposto di analizzare l’efficacia dell’impianto del VAD (Ventricular Assist Device) che ha funzionato da ‘ponte’ verso il trapianto di cuore. Si tratta di una analisi retrospettiva su dati clinici, demografici e outcome a lungo termine di 21 pazienti con meno di 18 anni a cui era stato impiantato il device ventricolare prima del trapianto di cuore in un periodo compreso tra il 2005 e il 2015. L’età media in cui era stato impiantato il dispositivo era 5,6 anni per un periodo di circa 30 giorni e purtroppo due casi hanno avuto un infarto nonostante l’impianto di cuore artificiale e uno è stato vittima di una emorragia digestiva severa”.
Le ragioni che rendevano necessario un cuore nuovo era una cardiomiopatia dilatativa in 19 casi e disturbo congenito nei rimanenti 2. Nel periodo di osservazione si sono verificati tre decessi di cui uno immediatamente dopo il trapianto a causa di un rigetto e altri due per sepsi severa, tutti gli altri pazienti hanno avuto una normale reazione e sopravvivenza all’impianto con ratei di sopravvivenza del 95% ad un anno, dell’89% a 5 anni e del 65% a 10 anni.
Le conclusioni dei ricercatori sono state valutate favorevoli: il supporto del VAD si è mostrato particolarmente importante per allungare la sopravvivenza degli aspiranti ad un trapianto di cuore con un’incidenza estremamente bassa di infezioni e di rigetto acuto.
fonte: ufficio stampa