La nuova istituzione scardina le gerarchie che hanno dominato sino a ora la classe medica universitaria. La prima riunione a Roma ha richiamato 400 specialisti, per la maggior parte specializzandi, borsisti e assegnisti di ricerca
Roma, 30 giugno 2016 – Attuare un radicale cambiamento in ambito accademico e medico, ma anche lanciare un segnale forte che valorizzi una disciplina, l’Urologia, destinata a occupare un ruolo di sempre maggiore rilievo nella medicina del futuro: questi i principali obiettivi della neonata AIU (Accademia Urologia Italiana), primo organismo universitario omnicomprensivo della disciplina urologica.
La prima riunione si è svolta sabato 18 giugno a Roma, presso l’Università La Sapienza. Nata da un’intuizione del Collegio degli Ordinari, presieduto dal prof. Marco Carini, ha richiamato nella Capitale oltre 400 membri dei 660 censiti per tale occasione.
Tutti insieme, professori ordinari, professori associati, ricercatori, hanno condiviso con entusiasmo questa importante iniziativa; ma sono soprattutto i medici in formazione, insieme ai dottorandi ed ai borsisti ed assegnisti di ricerca, a rappresentare le nuove leve della discipline su cui bisognerà lavorare. Ed è soprattutto a questi giovani che l’AIU dedicherà molte delle sue iniziative e delle sue attenzioni.
L’Urologia oggi rappresenta la disciplina in cui sono concentrate le maggiori neoplasie che interessano l’uomo (tumore della prostata, della vescica, del rene e del testicolo) e le principali patologie croniche legate all’invecchiamento della popolazione. Pertanto è necessario che uno degli obiettivi cardine dell’AIU sia proprio quello di promuovere l’Urologia come materia centrale nell’insegnamento delle discipline cliniche all’interno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia; un ulteriore, fondamentale, obiettivo sarà di uniformare l’insegnamento teorico e pratico in tutte le scuole di specializzazione italiane attraverso la costituzione della rete delle Scuole di Specializzazione in Urologia, coordinata dal Referente Nazionale, l’attivazione di collegamenti regionali e interregionali e la creazione di fellowship professionalizzanti post-specialistiche per l’approfondimento di particolari aspetti ultraspecialistici della disciplina urologia. Obiettivo finale sarà quello di creare una cultura urologica e una preparazione degli specializzandi omogenea e uniforme su tutto il territorio nazionale.
Il concetto di futuro ricorre nell’impostazione dell’AIU, che ribalta completamente le arretrate logiche “baronali” fino a oggi purtroppo comuni nel mondo medico universitario.
“Non è casuale il fatto che proprio dal mondo dell’Urologia sia partita questa rivoluzione: si tratta infatti di una branca della medicina che negli ultimi trent’anni è stata segnata da radicali innovazioni – dichiara il prof. Marco Carini, Presidente AIU – Basti pensare all’imporsi della chirurgia urologica robotica (soprattutto nel campo delle neoplasie prostatiche e renali) dell’andrologia chirurgica e del transessualismo, dell’urologia femminile, del trapianto renale, della chirurgia laser nella terapia dell’ipertrofia benigna della prostata e nella calcolosi renale”.
Non solo: la nascita dell’AIU origina anche dal bisogno di tutti gli urologi di far conoscere maggiormente l’urologia a livello nazionale ai piani alti politico-decisionali, perché nei prossimi anni è destinata ad acquisire sempre maggiore importanza.
“I dati parlano chiaro – prosegue il prof. Carini – Il 15% delle visite dei medici di base vengono eseguite per patologie urologiche quali la calcolosi, le infezioni genito-urinarie e l’incontinenza urinaria. Inoltre le patologie urologiche sono la seconda causa più frequente di accesso ai dipartimenti di emergenza, e le infezioni urinarie sono le più frequenti dopo quelle dell’apparato respiratorio: basti pensare al calo delle nascite nella società occidentale derivanti da patologie urologiche in età giovanile”.
Preminente è anche il ruolo dell’urologia in ambito oncologico: tra i primi 10 tumori nei due sessi e tra i primi 5 tumori del sesso maschile, tre colpiscono infatti l’apparato genito-urinario.
Gli obiettivi di AIU si focalizzano anche sul rafforzamento delle istanze di cambiamento nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia, per dare maggiore visibilità l’insegnamento di una materia che non può essere vista solo come specialistica per la cura della prostata, ma d’interesse generale anche per i medici che in seguito decideranno di prendere altre strade. Branca specialistica per la cura dell’apparato urinario del sesso maschile e del sesso femminile, l’urologia è infatti una disciplina trasversale, che cura patologie dell’uomo ma anche della donna (poco meno del 40% delle patologie urologiche colpisce il sesso femminile): infezioni, calcolosi, neoplasie di vescica e rene.
Da un punto di vista prettamente istituzionale, infine, l’AIU non vuole e non deve essere l’ennesima società scientifica (già ne esistono molte che coprono con i loro interessi tutto l’ampio spettro delle patologie urologiche sia da un punto di vista scientifico che clinico), ma si propone come organo di supporto alle numerose istanze di avanzamento di carriera, cercando di fornire sempre informazioni scientificamente corrette e aggiornate sull’ abilitazione scientifica nazionale sui percorsi atti a facilitare il passaggio tra un ruolo accademico e quello successivo: per questa ragione l’appuntamento del 18 Giugno ha incontrato ampia partecipazione anche da parte di professori ordinari, professori associati e ricercatori.
fonte: ufficio stampa