Firenze, 1° dicembre 2014 – Oggi, lunedì 1° dicembre, molti operatori del Meyer hanno indossato il fiocco rosso per celebrare la Giornata Mondiale contro l’AIDS. In tanti hanno aderito, compresi tra gli altri i volontari del servizio civile, gli operatori di front office e il personale della Fondazione Meyer. Un atto dal forte significato simbolico avvenuto proprio nell’Ospedale pediatrico tra i primi, in Italia, ad accogliere e curare i bambini affetti dall’infezione.
Ad oggi sono quasi 10.000 i bambini con infezione da HIV o nati da madre HIV positiva in Italia, presenti dal 1985 ad oggi, nel Registro Italiano Pediatrico, gestito dal Centro di Riferimento Regionale per la prevenzione e cura dei bambini affetti da AIDS del Meyer che dai primi anni ’80 segue i bambini con questa infezione. Proprio per gettare una luce su questa malattia purtroppo ancora presente nella vita di tante donne e bambini, l’ospedale ha aderito alle celebrazioni mondiali.
I primi al mondo a descrivere l’infezione da HIV nei bambini talassici. È uno dei tanti primati del Centro fiorentino che ha sede presso la SOD di Malattie Infettive del DAI di Pediatria Internistica, e coordina il Registro nazionale per l’Infezione da HIV in Pediatria, nato nel 1985 per iniziativa del Prof. Maurizio de Martino, a cui hanno via a via aderito fino a 106 Centri italiani e le cui finalità sono quelle di studiare gli aspetti epidemiologici, immunologici e clinici dell’infezione da HIV in età pediatrica. Un’esperienza positiva che ha seminato cultura tra i pediatri in Italia e nel mondo, consentendo una omogeneità di approccio gestionale all’infezione da HIV del bambino e rappresentando un modello di sinergia scientifica e organizzativa anche per altre patologie pediatriche. Un impegno che ha dato vita allo studio multicentrico che ha sviluppato importanti linee guida.
Il risultato di questa duratura collaborazione, una delle più fertili sul piano nazionale e internazionale, ha contribuito alla conoscenza di molti aspetti dell’infezione da HIV in età pediatrica che si sono concretizzate in numerosissime pubblicazioni scientifiche a livello internazionale (quali Lancet, JAMA, Clinical Infectious Diseases, Pediatrics, AIDS, e molte altre). Proprio a seguito di due pubblicazioni su Lancet, il Registro nel 1994 è stato convocato ad Atlanta per contribuire alla definizione delle categorie cliniche ed immunologiche nel bambino con infezione da HIV. La classificazione CDC 1994 che ne derivò è ancora oggi attuale e valida in tutto il mondo. E proprio è grazie al Registro Nazionale per l’Infezione da HIV in Pediatria, organo di consulenza nazionale del Ministero della Sanità, dell’Istituto Superiore di Sanità e della Commissione Nazionale AIDS, che è possibile averne i contorni in ambito pediatrico in Italia.
Le dimensioni del fenomeno
Al Registro sono stati segnalati dal 1985 oltre 9900 bambini con infezione da HIV o nati da madre HIV+. Attualmente in Italia sono seguiti oltre 700 bambini e adolescenti con infezione da HIV, con un’età mediana di 13 anni e oltre 500 bambini nati ogni anno da madri HIV+. “La realtà attuale vede da una parte una popolazione di bambini e adolescenti con infezione cronica, ben controllata clinicamente dalle attuali terapie antiretrovirali, seppure con problematiche legate ad aspetti psico-sociali ancora non risolti e dagli eventi avversi associati alle terapie assunte.
La prevenzione
“L’attuazione delle strategie di prevenzione – spiega la professoressa Luisa Galli, Responsabile del Centro di Riferimento Regionale e della SOD di Malattie Infettive del Meyer – della trasmissione dell’HIV da madre a figlio con le terapie antiretrovirali in gravidanza e al neonato hanno fatto sì che sempre meno bambini acquisiscano l’infezione dalla madre in Italia (tasso attuale di trasmissione nel nostro centro:1%, rispetto al 20% in epoca antecedente l’attuazione delle strategie di profilassi). Ma dai nostri dati del Registro risulta che, a livello nazionale, il tasso di trasmissione è nei nati da donne immigrate HIV+ è oltre 3 volte quello delle donne italiane HIV+”. Come va letta questa tendenza? “Questo indica che purtroppo, in Italia – prosegue la professoressa Galli – le donne immigrate HIV+ (il 67% delle quali dall’Africa sub-sahariana) hanno tuttora difficoltà ad accedere al test, alle terapie antiretrovirali in gravidanza (che infatti sempre dai nostri dati sono assunte solo dal 50% delle donne immigrate), hanno più raramente un buon controllo dell’infezione al parto e meno accesso al parto cesareo elettivo quando necessario. Conseguentemente, stiamo assistendo ad un incremento di nuove infezioni nei bambini e comunque un maggior numero di bambini o minori non accompagnati con infezione da HIV”.
Un Centro che lavora a 360 gradi sulle infezioni trasmissibili madre-figlio
Il Centro del Meyer opera quindi, nell’ambito della rete pediatrica regionale, non solo per prevenire l’infezione da HIV nel bambino, ma anche delle altre infezioni trasmissibili da madre a figlio quali la sifililide, a tubercolosi, l’infezione da citomegalovirus ed altre infezioni incluse quelle emergenti. L’attività viene svolta in regime di ricovero ordinario, di day hospital e/ambulatoriale assicurando servizi cruciali per la salute di mamma e bambino: counselling a donne con infezioni in gravidanza e contatti con infettivologi e ginecologi che seguono la madre nonché con i pediatri dei punti nascita; diagnosi precoce dello stato di infezione e follow-up infettivologico ed immunologico del bambino nato da madre con infezione in gravidanza; follow-up del bambino con infezione da HIV od altra infezione trasmessa dalla madre al figlio, gestione delle patologie correlate, monitoraggio immunologico, virologico, microbiologico e della resistenza ai farmaci antiretrovirali; assistenza domiciliare; supporto psicosociale al bambino e alla famiglia; counselling per la prevenzione e il trattamento delle infezioni a trasmissione sessuale ad adolescenti e in caso di sospetto abuso.
fonte: ufficio stampa