22 ore di seduta operatoria per rimuovere uno pseudomixoma peritoneale gigante. Eccezionale intervento all’IRCCS Gemelli

Da sin: Miriam Attalla, Carlo Abatini, Fabio Pacelli, Liliana Sollazzi, Andrea Di Giorgio, Claudio Lodoli

Roma, 15 luglio 2022 – Effettuato presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS un eccezionale intervento di asportazione di una pseudomixoma peritoneale gigante, in una paziente di 67 anni. Sono state necessarie due sedute operatorie, di 11 ore l’una, intervallate da 24 ore di osservazione in terapia intensiva, per rimuovere il tumore; la paziente è stata quindi sottoposta a chemioterapia ipertermica intraperitoneale (HIPEC) per distruggere eventuali cellule tumorali residue.

La paziente è stata dimessa qualche giorno fa dopo un decorso postoperatorio favorevole. L’intervento è stato condotto dal prof. Fabio Pacelli, direttore della UOC di Chirurgia del peritoneo e del retroperitoneo della Fondazione Policlinico Gemelli (FPG) e docente associato di Chirurgia Generale all’Università Cattolica e dal dott. Andrea Di Giorgio, UOS Trattamenti integrati della carcinosi peritoneale avanzata, Chirurgia del Peritoneo e Retroperitoneo del Gemelli che hanno coordinato il lavoro di due diverse équipe chirurgiche (dottore Claudio Lodoli, dottore Francesco Santullo, dottore Carlo Abatini, dottoressa Miriam Attalla), assistiti dall’équipe anestesiologica coordinata dalla prof.ssa Liliana Sollazzi, direttore UOC Anestesia delle Chirurgie Generali e dei Trapianti e docente associato di Anestesia e rianimazione all’Università Cattolica.

“Questo tumore – afferma il prof. Pacelli – è caratterizzato da un’elevata percentuale di guarigione, pari al 90% nelle forme a basso grado, se asportato radicalmente; in caso contrario la sua prognosi è infausta. La sua lenta crescita e il fatto che dia pochi sintomi comportano spesso una diagnosi tardiva, quando la diffusione della neoplasia è estremamente avanzata. Nel caso della nostra paziente la cavità peritoneale risultava pressoché totalmente occupata da masse tumorali solide, materiale mucinoso e liquido ascitico”.

L’eccezionalità dell’intervento eseguito presso la FPG risiede nel fatto che, date le dimensioni della massa principale (di oltre 20 cm), l’infiltrazione di numerosi organi addominali e l’interessamento dell’intera membrana peritoneale, si è optato per una scelta chirurgica programmata in giorni diversi per consentire un adeguato recupero metabolico, respiratorio ed emodinamico della paziente tra le due fasi.

I due interventi sono durati complessivamente 22 ore, distribuiti in due sedute di circa 11 ore, intervallate da 24h di monitoraggio in terapia intensiva.

È stata effettuata una peritonectomia parietale completa, oltre all’asportazione di numerosi organi endoaddominali: i due terzi inferiori dello stomaco, la milza, la colecisti, l’omento, il colon destro, la giunzione retto sigmoidea, l’utero e le ovaie.

Al termine dell’asportazione chirurgica, è stata effettuata una chemioterapia intraperitoneale ad alta temperatura (HIPEC), allo scopo di distruggere eventuali cellule tumorali residue in cavità addominale.

“A quanto ci consta – commenta il prof. Pacelli – questa è la prima volta che un caso di pseudomixoma peritoneale viene trattato con un intervento in due tempi di così lunga durata; questa strategia, resa possibile dall’elevato grado di competenza dell’équipe anestesiologica e dalla notevole esperienza maturata dall’équipe chirurgica nella specifica patologia, si è rivelata vincente. Il trattamento di questa rara e grave patologia deve sempre essere effettuato presso centri di eccellenza, ad elevato volume, come quello della Fondazione Policlinico Gemelli”.

Cos’è lo pseudomixoma peritoneale

L’aspetto di questo tumore, quando il chirurgo apre la pancia del paziente, è quello di un enorme ammasso di gelatina che si accumula nell’addome, solidifica e finisce col soffocare gli organi addominali, causando una serie di disturbi, fino alla morte del paziente. Si tratta di un tumore rarissimo (l’incidenza è di 1-2 casi per milione di abitanti l’anno) che origina come un tumoretto dell’appendice, detto LAMN (low grade appendiceal mucinous neoplasm). Non va confuso con i mesoteliomi peritoneali o con la carcinosi peritoneale, in corso di tumore dell’ovaio, della mammella o di altre sedi.

Questo piccolo tumore, se non rimosso in fase iniziale, comincia ad espandersi e a crescere lungo all’interno dell’appendice, fino a perforarla; a quel punto riversa mucina e cellule tumorali in cavità addominale, invadendo segmenti sempre più estesi di peritoneo, il ‘foglietto’ che riveste tutta la cavità addominale (il peritoneo parietale, che riveste la parete dell’addome e il peritoneo viscerale, che riveste i singoli organi, come una pellicola).

Queste cellule tumorali producono muco gelatinoso (mucina) che, pian piano, si raccoglie all’interno dell’addome (gli inglesi chiamano questa condizione ‘jelly belly’), solidificandosi; è questa massa, in parte solida e in parte gelatinosa, che alla fine dà sintomi e porta alla scoperta di questo tumore.

Lo pseudomixoma peritoneale è un tumore a sviluppo molto lento, che cresce espandendosi per contiguità, senza dare metastasi a organi distanti. Colpisce più spesso le donne, nelle quali inizialmente può essere confuso con un tumore ovarico; l’addome appare rigonfio e meteorico, possono comparire delle ernie a livello della parete addominale o dell’inguine. Chi ne è affetto può presentare perdita di appetito, senso di ripienezza e presentare disturbi del transito intestinale. A volte la diagnosi si fa solo al tavolo operatorio, ma la sua presenza viene sospettata agli esami radiologici (ecografia, TAC e risonanza magnetica dell’addome).

La terapia consiste nell’asportazione chirurgica del peritoneo invaso dal tumore (per le sue modalità di crescita, lo pseudomixoma è indissociabile dal peritoneo e dagli organi che riveste, che devono dunque essere rimossi in blocco), seguita da chemioterapia ipertermica intraperitoneale (HIPEC), allo scopo di distruggere eventuali cellule tumorali residui rimaste nell’addome. È dunque un intervento di chirurgia maggiore, a volte ‘estrema’. Il recupero per il paziente è lento e va in genere da 1 a 2 mesi.

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