Roma, 19 dicembre 2022 – Scacco matto alle malattie del cuore: è questa la promessa del 2023 che si prospetta un anno straordinario sul fronte dei progressi nelle cure soprattutto dello scompenso cardiaco e dell’ipercolesterolemia, ma anche nella diagnosi e nella prevenzione cardiovascolare, aprendo la strada a un cambio di paradigma della cardiologia nei prossimi 10 anni. Ecco la fotografia delle novità attese che arrivano dagli esperti della Società Italiana di Cardiologia (SIC), recentemente riuniti a Roma per 4 intensi giorni di lavori dell’83° edizione del Congresso nazionale.
Dalla lotta al colesterolo “cattivo”, grazie ai farmaci a RNA interferenti e all’arrivo nei prossimi mesi dell’acido bempedoico, alle terapie rivoluzionarie dello scompenso cardiaco con le glifozine, capaci di cambiare la storia della malattia indipendentemente dalla gravità e dalla presenza del diabete, fino a interventi sempre meno invasivi e di frontiera che arrivano alla recente cura della valvola tricuspide.
Ma il futuro del cuore lo avremo sempre di più anche in tasca, grazie agli smartphone sempre più ‘sentinelle’ di salute, ma anche “coach” che ci aiuteranno a prevenire le malattie cardiovascolari, fino agli algoritmi di intelligenza artificiale che segneranno sempre di più la pratica clinica cardiologica per diagnosi maggiormente su misura e accurate.
Ipercolesterolemia: il 2023 sarà l’anno dell’Inclisiran e dell’arrivo dell’acido bempedoico. Salveranno fino migliaia di vite da infarto e ictus da “colesterolo cattivo”
Delle 224mila morti cardiovascolari che si registrano ogni anno in Italia, poco meno di 50mila sono imputabili al mancato controllo del colesterolo “cattivo”. Un problema molto serio, se si considera che sono più di un milione gli italiani ad alto rischio di eventi cardiovascolari, con valori al di sopra dei 55 mg/dl raccomandati dalle linee guida europee. Un problema sanitario che potrà ridursi grazie a nuovi farmaci altamente innovativi, in grado di controllare i livelli di colesterolo troppo alti anche in pazienti critici, che non riescono a ottenerlo con le statine anche se ben tollerate o in chi non può assumerle per gli effetti collaterali.
“La ricerca clinica su nuove terapia ipolipemizzanti negli ultimi anni ha subito un’accelerazione e oggi accanto alle statine, che restano pietra angolare della terapia, sono ormai diffusi e utilizzati nei pazienti ad alto rischio gli inibitori di PCSK9, proteina che controlla il numero dei recettori per il colesterolo sulla superficie delle cellule epatiche – dichiara Ciro Indolfi, presidente SIC e Direttore dell’Unità Operativa di Cardiologia Emodinamica dell’Azienda Ospedaliero Università Mater Domini di Catanzaro – Ma il 2023 sarà l’anno dell’Inclisiran un farmaco innovativo, da ottobre scorso rimborsabile dall’SSN, che sta entrando nella pratica clinica. Il nuovo farmaco a RNA interferente, che inibisce l’RNA che codifica PCSK9, è capace di ridurre del 50% il colesterolo LDL, senza nessuno effetto collaterale su reni e fegato, con due sole iniezioni sottocutanee l’anno”.
“Un altro passo in avanti per migliorare il controllo del colesterolo è l’acido bempedoico, disponibile fra pochi mesi anche in Italia, che interviene sulla biosintesi del colesterolo con un meccanismo d’azione analogo a quello delle statine – aggiunge Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto SIC e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Apparato cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli – Studi clinici recenti hanno dimostrato l’efficacia nel ridurre di circa il 20% il livello di colesterolo ma senza dolori muscolari, principale effetto collaterale delle statine in associazione con l’ezetimibe, l’acido bempedoico riduce l’LDL del 38%”.
Sottolineano Indolfi e Perrone Filardi: “La riduzione dei livelli di colesterolo è un importante obiettivo di salute pubblica e in 10 anni arriverà a salvare migliaia di vite stroncate ogni anno per infarto e ictus da colesterolo cattivo”.
Scompenso cardiaco: glifozine, la rivoluzione terapeutica che salverà la vita a 40mila malati cronici l’anno
Lo scompenso cardiaco rappresenta in grave problema di salute pubblica che colpisce 15 milioni di persone in Europa e oltre 1 milione in Italia, con esito fatale nel 50% dei pazienti entro 5 anni dalla diagnosi, se non adeguatamente trattato. Nel nostro Paese il 10% dei malati ha un’età superiore ai 70 anni e lo scompenso cardiaco è la causa principale di ricovero negli over 65.
“Questa patologia cronica causa un peggioramento della qualità della vita e della capacità di affrontare le attività quotidiane e frequenti ricoveri per mancanza di respiro e accumulo di liquidi nell’organismo – spiega Gianfranco Sinagra, ordinario di Cardiologia all’Università di Trieste – La terapia dello scompenso cardiaco si è rafforzata da poco meno di un anno con una nuova classe di farmaci, le glifozine, nate come antidiabetici che hanno mostrato un’efficacia straordinaria in tutti i pazienti con insufficienza cardiaca anche se non diabetici e indipendentemente dalla gravità della malattia e che hanno trovato conferma nelle più recenti linee guida. Nel futuro la prognosi dell’insufficienza cardiaca sarà molto migliorata e si potranno evitare fino a 40mila decessi l’anno, perché oggi disponiamo di un “poker d’assi” di farmaci, betabloccanti, sacubritil/valsartan, antagonisti dell’aldosterone e glifozine, la cui piena implementazione potrà ridurre fino al 65% la mortalità e i ricoveri rispetto al 15% delle terapie convenzionali”.
La nuova frontiera della cardiologia interventistica 20 anni dopo la prima TAVI: il trattamento della valvola tricuspide senza bisturi
Un altro capitolo che ha avuto una straordinaria evoluzione negli ultimi anni è quello delle malattie valvolari. “Oggi assistiamo a un crescente successo dell’approccio percutaneo mini-invasivo, una procedura già ampiamente utilizzata per la valvola aortica e che nel tempo si è estesa alla valvola mitrale e ora alla tricuspide – spiega Indolfi – Quindi a distanza di esattamente 20 anni da quando la TAVI (Impianto valvolare aortico transcatetere) è stata per la prima volta utilizzata in Italia per riparare la valvola aortica, un intervento ‘soft’ simile è ora destinato a diventare il gold standard per i pazienti con insufficienza della valvola tricuspide”.
Si tratta di una valvulopatia che si stima colpisca in maniera clinicamente rilevante circa il 2% delle persone sopra i 70 anni. Per questi pazienti una terapia medica non esiste e la chirurgia a cuore aperto è una procedura ad alto rischio con il risultato che molte persone non vengono trattate.
“Il nuovo intervento di riparazione della tricuspide consiste nell’impianto di un dispositivo medico simile a una clip che, posizionata in maniera mininvasiva dalla vena femorale di una gamba, ripara i lembi della valvola – spiega Indolfi – Tale procedura ripristina la normale chiusura della valvola ad ogni battito del cuore, in modo da ridurre il grado di insufficienza con notevole beneficio per la salute del paziente. Dunque questa soluzione impiantabile di ultima generazione permette ai cardiologi interventisti di riparare in modo sicuro ed efficace la valvola tricuspide, evitando ai pazienti le complicanze note dell’insufficienza tricuspidale severa, come la fibrillazione atriale e l’insufficienza cardiaca che impattano drammaticamente sull’aspettativa e sulla qualità di vita”.
Cure digitali e intelligenza artificiale: il futuro sarà la salute del cuore in tasca, con smartphone “sentinella” per prevenire malattie cardiache e algoritmi più “bravi” dell’uomo nella valutazione dell’ecocardiogramma
Nel prossimo futuro smartphone e intelligenza artificiale consentiranno un migliore controllo dei fattori di rischio e diagnosi sempre più accurate e “su misura”, grazie a telefonini capaci di un monitoraggio più stringente o come “coach” per aderire a cambiamenti di stile di vita o a terapie salvavita, e algoritmi più “bravi” dell’uomo nella valutazione di dati e immagini di Ecg, Pet e Rm, a supporto della diagnosi.
“Il futuro della cardiologia sarà sempre più segnato da tecnologie ‘intelligenti’ – spiega Indolfi – Già oggi possiamo valutare molto meglio i fattori di rischio cardiovascolare di ciascun paziente utilizzando parametri che possono essere rilevati dagli smartphone che ormai tutti o quasi possiedono. Il grado di attività fisica, per esempio, può essere stimato in maniera molto accurata con gli accelerometri e i contapassi del telefonino. Inoltre, esistono già sensori indossabili che possono monitorare la frequenza cardiaca o la glicemia e che possono inviare i dati al telefono, mentre si prevede che nel 2023 crescerà ancora di più anche la diffusione di test di imaging o molecolari, per valutare ulteriori elementi di pericolo cardiovascolare, come la stenosi carotidea o il rischio poligenico, così da ottenere profili di rischio sempre più precisi e personalizzati”.
“È ormai dimostrato che gli smartphone possono diventare anche veri e propri coach digitali che ci ricordano di assumere le terapie, di fare abbastanza movimento o di mangiare in maniera corretta – aggiunge Perrone Filardi – Un utente medio apre il telefonino 69 volte al giorno: se lo trasformiamo in uno strumento di supporto per la salute cardiovascolare potrà rivelarsi un vero alleato di salute”.
Anche sul fronte diagnostico la medicina digitale ha fatto registrare grandi progressi e il futuro è monitorare la fibrillazione atriale con un’app. “Secondo uno studio presentato al congresso europeo dello scorso agosto (eBRAVE-AF) lo screening con lo smartphone individua più del doppio dei casi di aritmia cardiaca spesso asintomatica, rispetto a quello effettuato con sistemi tradizionali – dichiarano gli esperti – Il telefonino è più bravo a riconoscere le anomalie del ritmo cardiaco e a suggerire il ricorso alle più opportune terapie”.
Attualmente l’intelligenza artificiale aiuta lo specialista nell’interpretazione dei dati e delle immagini acquisite tramite Ecg, Tac coronarica o Rm per migliorare ad esempio la valutazione ecocardiografica della funzionalità ventricolare sinistra o della gravità di una stenosi aortica.
“La svolta del prossimo futuro sarà quello di integrare questi dati con altri relativi alla storia clinica del paziente per ottenere informazioni personalizzate sulla prognosi, sulla valutazione del rischio di malattie cardiache e sull’impostazione di trattamenti realmente su misura”, concludono gli specialisti.