Roma, 1 maggio 2020 – Solo chi non vuole vedere e affrontare seriamente la condizione impietosa della Sanità in Italia ha la faccia tosta di festeggiare nel giorno dedicato ai Lavoratori, di qualsiasi genere, ma soprattutto del SSN – dichiarano dal Direttivo Nazionale ULS-Unione Lavoratori Sanità. Infermieri, medici, oss, tecnici e tutto il restante personale sanitario continuano ad affrontare l’emergenza Covid-19 in un contesto emergenziale in sé per sé che si prolunga da anni di tagli e contenimento della spesa.
Ci è voluta l’emergenza coronavirus – continuano i sindacalisti ULS – per far venire a galla l’inadeguatezza del sistema salute del paese. Si è dovuto correre ai ripari sia con i tardivi bandi di arruolamento della Protezione Civile che con acquisizioni di macchinari finanche con oltre 20.000 assunzioni, precarie ad un anno o addirittura 6 mesi, di operatori sanitari i quali si vedranno sfruttati solo nel contesto emergenziale.
I Lavoratori in questione non festeggeranno questa giornata. Dal Governo avrebbero gradito piuttosto che l’ipocrisia di convenienza nel ringraziarli nelle dirette Facebook unite, un decreto con su scritto in maniera chiara e non interpretabile che, finita l’emergenza e il relativo distanziamento sociale, si sarebbero indetti concorsi per assumerne in ragione del fabbisogno reale.
Un dato per tutti, da fonte FNOPI, solo di Infermieri ne mancherebbero oltre 60.000. Però, a ben vedere, si è ragionato in termini di ringraziamenti a mascelle serrate e non in termini di concretezza rispetto al rapporto Infermiere/paziente, che in alcune realtà soprattutto private e ‘disponibili’ a supportare ben remunerate il pubblico, registra primati tristemente pericolosi di un Infermiere per 20 pazienti. Pericolosi ma convenienti per gli imprenditori del guadagno sulla salute degli altri. Lo Stato lo permette grazie alla riforma attuata, ma a nostro parere da rivedere in un’ottica unicamente pubblica, dal D.Lgs. 502/1992 che prevede rimborsi e relativo profitto per la componente privata del Servizio Sanitario Nazionale.
Cosa dovrebbero festeggiare i Lavoratori della Sanità? Sicuramente – spiegano dal Sindacato ULS – non il blocco decennale dei concorsi, nemmeno il taglio dei posti letto, neppure l’ultimo rinnovo di contratto nazionale pubblico di lavoro con firme apposte alla presenza di ministre impazienti e sindacalisti prezzolati, men che meno se parliamo di rinnovo della contrattazione privata ferma da 14 anni, persino il persistere del lavoro precario tramite agenzie interinali e cooperative sempre pronte a fornire manovalanza senza diritti ad alto sfruttamento intensivo.
Ipotizziamo per lungimiranza neanche la scarsità di DPI a disposizione sui luoghi di lavoro. O l’impossibilità di eseguire tamponi se non tramutandosi in Presidenti di Regione, calciatori o politici. Per i cosiddetti ‘eroi’ nei decreti del Governo si è pensato bene di tenerli in corsia fino a quando non sviluppassero i sintomi del contagio, si è provveduto a bloccare le ferie e prevedere illusorie giornate di permesso Legge 104/92, quasi mai concesse, per assistere i propri familiari disabili ma solo a discrezione dell’azienda.
Non ci si poteva permettere di rinunciare a un solo Infermiere, medico, oss visto che erano talmente già pochi. E infatti i dati rilasciati dall’Istituto Superiore Sanità degli operatori sanitari contagiati superano di gran lunga le 20.000 unità, tamponi permettendo ed eseguiti.
L’emergenza Covid-19 ha portato definitivamente agli occhi di tutti l’amaro frutto del rapporto posti letto per 1.000 abitanti (3,2 da media Ocse a fronte di 4,7 negli altri paesi). Sarebbe interessante chiedere all’Europa se è ancora d’accordo a chiudere gli occhi di fronte alle sforbiciate di bilancio perpetrate dai precedenti Governi sulla Sanità, considerata spesa pubblica ingente del nostro paese.
Molti pazienti deceduti, soprattutto anziani, non hanno avuto il diritto di vedersi garantito quanto sancito nell’art. 32 della Costituzione per carenza di programmazione, di posti letto, di mezzi, di personale.
Per questi e molti altri motivi come Sindacato – concludono dal Direttivo Nazionale ULS – non riusciamo a festeggiare questo 1 maggio in piena pandemia, contando ancora i morti giornalieri. La festa dei Lavoratori andrebbe celebrata quando si rispetta chi lavora tutti i giorni con diritti e in sicurezza, non è il caso di celebrare chi è invece diventato martire. Bisognerà, una volta terminata questa fase, rimettere mano al SSN e lanciare il cuore oltre l’ostacolo, nell’interesse e per la dignità di chi resiste nel tenere in piedi il concetto di Sanità Universalistica.